Presepi e carabattole

Salvador-Dalì-Madonna-di-Port-Lligat-1950E’ arrivato anche quest’anno, e sembra più tradizionale di altre volte; non mancano il freddo e il gelo per il bambinello che scende dal cielo e viene ad abitare i nostri presepi. Così la canzone cult del natale di tutti i tempi, Tu scendi dalle stelle, trova il suo giusto contraltare meteorologico. Eppure ogni anno che passa, e son quasi 64, mi sento a disagio nel preparare il presepe; si, è bello mettere capanna e pastori, il bue e l’asinello li metto fuori perché credo che l’odore sarebbe stato insopportabile per il neonato. E poi la mamma e Giuseppe, qualche angioletto….Già gli angioletti….ma chi li ha visti mai? E poi questo bambino poggiato in fasce in una mangiatoia, una volta chiedevamo: Ma che significa figlio di Dio, dove è Dio? E le risposte del catechismo che ci sembravano così chiare e rassicuranti ci soddisfacevano   e ci tranquillizzavano. E andavamo a letto contenti e sicuri della bontà del bambinello e anche degli angeli, custodi o meno, che vegliavano sui nostri sogni. Ma la vita ci ha svegliato troppe volte bruscamente e in malo modo, e ci ha messo accanto il dolore della morte e la sofferenza delle perdite dei cari, l’orrore della guerra e lo strazio delle vittime, il pianto dei bambini per fame e malattie, l’ingiustizia di un mondo che corre a vuoto e ammucchia denaro e cadaveri, e distrugge la natura e sé stesso, senza un fine, senza un perché.

E allora perché questo presepe, per ricordare cosa, per tramandare quale significato? Che natale è se non riusciamo più a partorire il figlio di Dio in un mondo che è ormai senza Dio, ma ha tanti dei a cui prostrarsi e ha perso di vista il vero unico bene, che è serbare la vita che si incarna in quella figura tenera e fragile di bambino, che noi abbiamo coperto di insulsi significati dimenticando quello originale? Più dimentico quel bambino e ciò che rappresenta, più il mio presepe diventa minimalista, vuoto, essenziale, perché ormai abbiamo ridotto all’osso la nostra umanità, riservandoci di vivere appena sopra i margini della dignità umana, da sufficienza risicata, quando non andiamo abbondantemente sotto a toccare i bassifondi della nostra natura.

Chi è Dio? Chi è suo figlio? Perché ha un figlio Dio? Serve a qualcosa un Dio che diventa Padre? Sono sicuro che sepolti sotto anni e anni di trascuratezza dello studio delle cose della fede, e dall’esercizio dell’insegnamento del vangelo, la nostra spiritualità sia diventata poca cosa, preda di chiacchieroni appariscenti radiotelevivi e  fenomeni da baraccone, di luci fantasmatiche che appaiono e scompaiono nel cielo a cura di registi del mistero e di manovratori di effetti speciali. E tutto si trasforma in un circo Barnum di spettacolini di  teatro decadente, ove fa più scalpore e clamore un veggente che grida al miracolo: ( Mt 24, 23-25 ) “23Allora se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui, o: E’ là, non ci credete. 24Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti 25. Ecco, io ve l’ho predetto”.

A questo siamo, e non sappiamo dare le giuste risposte e la giusta collocazione a quei personaggi del presepe. Abbiamo perso la nostra identità di cattolici, e peggio ancora non sappiamo essere dei buoni cristiani, non riusciamo a capire come farci figli di Dio, come quel bambino in fasce, che da adulto dirà indicando i personaggi di un ipotetico presepe vivente: Ecco mia madre e i miei fratelli e le mie sorelle: coloro che fanno la volontà del Padre mio. Non ubbidendo a leggi e precetti, dottrine e magistero, ma accogliendo l’amore di Dio e darlo così come siamo capaci agli altri.

No, non sono capace, e anche quest’anno il mio presepe  per non essere ricco di tante cianfrusaglie, lo rendo al minimo comune denominatore. Non voglio un presepe ricco di pupiddi, ma vorrei un cuore arricchito da tanti di voi e noi, capaci di donarsi, capace di stare al mondo amando.

BUON NATALE   di cuore  <3

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.