In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli».
E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.
Essere piccoli e servitori. Dopo aver ricordato perentoriamente ai suoi discepoli, che discutevano su chi fosse il più grande nel regno dei cieli, che se non si è capaci di essere semplici e pronti a servire come il servo che viene portato come modello non si può far parte della comunità dei credenti, vengono portati al cospetto di Gesù dei bambini. Essere capaci di servizio, abbandonare le proprie pretese e ambizioni personali, e sapersi mettere a disposizione dei bisogni altrui, ecco le condizioni per essere considerati grandi nel regno dei cieli. Dove chi si umilia sarà esaltato e dove gli ultimi saranno i primi. Non per rivalsa delle ingiustizie subite in questo mondo e come premio nell’aldilà, ma come situazione di privilegio che permette agli altri dall’esterno di riconoscere il vero discepolo di Gesù. Il grembiule del servizio sarà la divisa che permette agli altri di riconoscere il credente in Gesù, non le genuflessioni o le invocazioni vuote e inutili a un Dio che non c’è. Questi saranno riconosciuti come i più grandi del regno, non per rango e ruolo, ma per capacità di fare e donare. Essere servitori, non come segno di umiliazione ma come status di vita. E i ragazzi che si avvicinano a Gesù per essere benedetti rappresentano proprio ciò che attende coloro che servono. Essi vengono indicati da Gesù come coloro che hanno Dio per amico, ponendoli in relazione alla prima e ultima beatitudine: beati i poveri per lo Spirito, cioè chi è capace di essere povero per lo Spirito di carità e amore, e beati i perseguitati fedeli alla giustizia che lavorano per la realizzazione del regno.