E’ sempre stato un rapporto di amorosi sensi, di quei sensi che amano vivere in libertà, senza folla attorno che ti stringe e costringe nei giorni di festa paesana, o con regole di educazione sociale non richiesta e non necessaria.. Un rapporto vissuto tra fatica e sudore anche, ma sempre nella letizia del godimento dei frutti sperati.
Una lunga storia d’amore, come direbbe la canzone di Paoli tra le mie preferite. Culminata negli anni passati, un ventennio fa, nel completo sodalizio con essa.
Oggi credo che se ne sia vissuto l’epilogo, si chiude un rapporto durato una vita, la mia, vissuta sognando e progettando. Ma che rischia alla fine di leggere quel beffardo striscione che i tifosi avversari della mia squadra del cuore esponevano sugli spalti: Noi realizziamo i vostri sogni.
Ecco il rischio è quello, vedere i miei sogni di allora realizzati da altri.
Non nutro rabbia per questo, credo sia nostalgia, nostos-ritorno, algos-dolore, quel senso di tristezza e rimpianto per la lontananza da persone o luoghi cari o per un evento collocato nel passato che si vorrebbe rivivere.
Si vorrebbe, ed è già triste questo condizionale.
Oggi era strana la sensazione che si avvertiva dentro. Un grande vuoto, come quella strana rassegnazione che ti prende quando sai che non puoi far nulla nei giorni a venire per cambiare il corso degli eventi. Non poter far nulla per fermare quella nostalgia che non è languore di vuoto romanticismo, ma senso di perdita completa.
Erano evidenti i segni dell’abbandono, della incuria, della sofferenza.
Avvertire il tutto come quella mancanza di una persona cara che ormai consideri dispersa in guerra e perduta per sempre. Pensare così dicendo in cuor tuo che l’hai amata e curata, hai fatto il possibile, ma la guerra crudele degli uomini te lo ha portato via.
Poi magari succede che da lontano, come il padre prodigo e generoso, tu lo veda riapparire all’orizzonte, lacero, stanco, ferito, reduce da quei lunghi anni al fronte in cui tu non hai potuto accudirlo perché considerato perso.
E allora corri ad abbracciarlo, scene già viste e narrate in mille modi, sai che è tornato, anche se mutilato e gravemente offeso nel corpo della sua natura. Ma non importa, l’amore che gli darai sarà uguale come prima, anzi di più, perché adesso è lui che sta curando te, le notti insonni, le silenziose preghiere, le nascoste lacrime, le rabbie malcelate.
E potrebbe ricominciare il sogno, e le poesie che sgorgano da quelle finestre dove cielo e mare si nascondono a vicenda.
Ma questa potrebbe essere un’altra storia…