Non vi chiamo più servi, ma amici (Giovanni 15,15)
Gesù di Nazaret è stato capace di compiere una impresa sovrumana, non espiando colpe e peccati, ma cambiando e migliorando, il rapporto con Dio e con gli uomini. Non più l’esclusivo rapporto padre-figli, dove era evidente la subalternità dell’uomo rispetto ad un padre a cui si deve obbedienza, seppur amati tutti allo stesso modo nella maniera di un padre buono e misericordioso. Gesù ha incluso in questo rapporto filiale il rapporto amicale. Essere amici di Gesù, e quindi di Dio, perché Dio è uguale a Gesù, significa instaurare un rapporto paritario tra uguali, in cui l’amicizia ti permette di crescere, maturare ed esplicare le tue potenzialità in piena libertà d’azione, senza la sudditanza che implica un rapporto paternalistico. In questa nuova visione dei rapporti con Dio, grazie a Gesù che ci chiama amici e non più servi, e da la sua vita per gli amici, Dio si avvicina ancor più all’essere umano, diventando intimo con lui.
La teologia della colpa che domina da sempre dal tempo di Paolo e Agostino la teologia cattolica, ha spostato con questi due dottori della chiesa, il suo interesse sul corpo e sulla sessualità, sigillata dagli scritti di Agostino, che considerò il desiderio, l’istinto sessuale, il corpo, come espressioni dell’opposizione a Dio. Se si capovolge quel rapporto basato sulla colpa-peccato- perdono, è possibile che ciò che prima era visto come mezzo di dannazione, adesso possa diventare grazia e gioia amicale.
Il peccato e il perdono che il potere clericale cattolico si arroga il diritto di cancellare e concedere, lasciano il posto alla gioia dell’amicizia, in cui Dio non pretende dall’uomo nessuna espiazione e nessun sacrificio, ma solamente vicinanza e tenerezza. Quella che tra amici viene definita complicità di affetti.
E Gesù era intimo con tutti i suoi amici e amiche. Divideva con loro banchetti e giornate, le notti, le veglie, le preghiere. La tenerezza dii un rapporto privilegiato con Maria di Magdala, la quale nel tempo è stata trasfigurata colpevolmente in una chimera peccaminosa, proprio per svilirne il ruolo che essa ebbe nelle prime comunità dei credenti. Un ruolo che ancora oggi la chiesa cattolica non riabilita in pieno perché sarebbe foriero della fine del clericalismo e del patriarcato ecclesiastico, maschilista e sessuofobo.