L’AGONIA DI UNA FALSA IDEA

L’AGONIA DI UNA FALSA IDEA
In modo ricorrente nella storia della Chiesa sono arrivati profeti e predicatori di ogni tipo ad annunciare, spesso a minacciare, il ritorno di Cristo e la fine del mondo. Ogni volta, però, il mondo ha continuato indifferente il cammino iniziato 5 miliardi di anni fa se pensiamo alla Terra, 13,7 se pensiamo all’universo. Le attese apocalittiche raggiunsero il culmine in Occidente nell’anno Mille, ma anche quell’anno passò senza che dalle nubi provenisse nulla di diverso rispetto ai consueti elementi naturali. Col trascorrere del tempo le attese sono svanite: oggi più nessuno nella Chiesa cattolica e nelle altre chiese di grande tradizione si attende il ritorno di Cristo così com’è descritto dalla Bibbia. Sono rimaste solo alcune sette fondamentaliste a predicare di tanto in tanto l’imminente parusia. Prima o poi si stancheranno anche loro, e non rimarrà più nessuno. Per fortuna. Sarà la morte definitiva di una falsa idea, le cui radici risalgono all’apocalittica e al suo odio risentito contro il mondo, di cui una certa dose è presente anche in alcune pagine del Nuovo Testamento.
L’apocalittica è l’espressione di uno stadio immaturo della spiritualità, di un’incapacità della coscienza di accettare il mondo così com’è, con la sua logica impersonale. Come il bambino cerca sempre la protezione dei genitori, così questa coscienza immatura cerca la protezione di Dio di fronte alla dura logica del mondo. Ci troviamo alle prese con una volontà “umana troppo umana” di legare Dio alle vicende del mondo, di farlo entrare in gioco dalla propria parte, magari con il ruolo del vendicatore. Questa attesa storica non ha molto a che fare con l’autentica dimensione del divino, anche se talora può essere dettata dai migliori sentimenti. Chi vive in questa dimensione della coscienza si aspetta sempre che giunga qualcosa dall’alto a cambiare il corso del mondo, con l’inevitabile conseguenza o di leggere ciò che accade nella storia in modo scorretto e infantile (vedendo miracoli, messaggi, doppi sensi, misteri pressoché dovunque), oppure, se continua a leggere la storia per quello che è, di finire in una sorta di fede come disperazione, una fede sconfitta e angosciata che non si capacita di come mai Dio non intervenga e non mantenga le promesse, una fede priva della dimensione mistica e della fondamentale categoria di spirito.
In realtà, la risposta al perché Dio non interviene per mantenere le sue promesse non è difficile: consiste nel fatto che Dio non è mai intervenuto direttamente nella storia, e quelle promesse non provenivano da Dio, anche se sono scritte nella Bibbia. Non tutta la Bibbia, infatti, è parola di Dio. La Bibbia, piuttosto, contiene la parola di Dio, è la scrittura della Parola di Dio, la quale è una, unica, sempre identica, e si chiama Logos, è il Figlio generato in eterno dal Padre e il cui messaggio è sempre e solo il bene e l’amore per ogni essere umano. Per questo il Cristianesimo non è una religione del libro, ma è la religione dell’uomo, dell’incarnazione di Dio per la divinizzazione dell’uomo.
Ciò che va abolito in teologia è la categoria di futuro, come invita a fare il Quarto Vangelo, vertice mistico e spirituale del Nuovo Testamento, e come invita a fare anche la letteratura sapienziale della Bibbia ebraica, che a mio avviso rappresenta il punto di più alto di tutta la Bibbia in termini di maturità spirituale nel rapporto col mondo. La categoria di futuro non ha nulla a che fare con l’eternità, che è l’unica vera dimensione del divino. Pensare in termini di futuro significa fuggire dal presente, attendere cose nuove a dispetto della situazione attuale, spesso contro la situazione attuale. Il futuro è il tempo dell’alienazione, in cui non si vive mai qui e ora, ma sempre al di là, sempre in attesa, e quindi non si vive realmente mai. Chi attende la soluzione della vita del mondo dal futuro pensa che arriverà il grande giorno della trasformazione del mondo nel regno di Dio, dell’avvento della pace universale. Questa proiezione del desiderio dell’anima sempre più avanti è una persistente forma di alienazione che sradica dalla vita concreta del presente, valutata tutta cattiva, ingiusta, insensata, e che colloca la soluzione sempre al di là. L’escatologia nella sua forma apocalittica traspone questa immaturità psicologica e spirituale in categorie teologiche.
L’UOMO SPIRITUALE GIUDICA OGNI COSA
La definitiva smentita di ogni possibile parusia non rappresenta certo una sconfitta di Dio. Rappresenta, piuttosto, una vittoria della vera idea di Dio, l’eternità. Solo quando si comprende che Dio va pensato nella sua autentica dimensione, che è l’eternità, l’eterno presente, si avrà finalmente un rapporto maturo con il mondo e con la storia, e li si vedrà per quello che sono, non il regno di Dio realizzato, non il Paradiso in terra, non l’assenza del male, ma la creazione innocente, ordinata e bellissima, per quanto sempre imperfetta, dove la libertà umana è chiamata a maturare. E si ringrazierà la vita, e si godrà Dio, per questa terra, per questo mondo, per questa storia, dove c’è un’unica elezione divina, quella dell’umanità nel suo insieme, senza distinzione alcuna di razza, sesso o religione. Basta essere giusti, cioè attuare dentro di sé la medesima logica ordinatrice della relazione e dell’armonia che è all’origine del mondo e del nostro stesso corpo, e si entra qui e ora a far parte del regno di Dio.
Il regno di Dio, in quanto dimensione spirituale perfettamente realizzata, è una realtà che riguarda l’anima spirituale, non la storia e la politica dei popoli che vivono di una logica completamente autonoma, come già Tucidide aveva visto perfettamente. Il regno di Dio concerne la vita interiore delle anime, perché lì Dio, che è spirito, regna sempre, in modo glorioso e infallibile, e tutto si muove con rigore matematico, perché a un semplice gesto di bene, come un bicchiere d’acqua o un sorriso, risponde all’istante un bene che scende su di noi e che rende la nostra anima più luminosa, mentre a un solo gesto di male, come una calunnia o uno sguardo impuro, risponde all’istante un male che scende su di noi rendendo più oscura la nostra interiorità. Dio è spirito e regna nella dimensione dello spirito, nell’eterno presente al quale dobbiamo salire con il lavoro che ordina l’energia della nostra anima. E tempo di liberarsi da alcune immature immagini bibliche che si sono rivelate false alla prova della realtà. L’uomo spirituale giudica ogni cosa.
GIUDIZIO UNIVERSALE
Il giudizio universale, inteso come raduno in un luogo e in un tempo precisi dei circa cento miliardi di esseri umani apparsi finora sulla Terra e di tutti i miliardi che verranno al fine di essere nuovamente uniti ai loro corpi di carne e ascoltare la sentenza definitiva (la quale peraltro non sarà per nulla diversa da quella del giudizio particolare al momento della morte, col che si toglie una buona dose di suspense), questa idea, tanto benemerita per la storia della pittura, non ha alcuna consistenza reale. Vi è sicuramente chi intende continuare a ospitarla nella sua mente pensando, come vuole la tradizione, a Cristo che giungerà come giudice, accompagnato dal vessillo glorioso della croce, da legioni di angeli e da schiere di santi, e che si siederà sul trono della gloria, e poi compariranno “i morti, grandi e piccoli, ritti davanti al trono e furono aperti i libri.., e i morti vennero giudicati in base a ciò che era scritto in quei libri” (Apocalisse 20, 12-13). Per chi si rifugia nel calore accogliente della tradizione non è difficile trovare un posto nella mente a questa immagine. La collocherà accanto a tante altre, a Dio che crea il mondo in sei giorni e nel settimo si riposa, all’arca di Noè che ospitò tutte le specie degli animali per quaranta giorni di fila, al mar Rosso che si aprì quando Mosè stese la mano e si richiuse sugli Egiziani quando la stese di nuovo, alla manna piovuta dal cielo e a molte altre “verità storiche”, comprese molte credenze che noi cristiani deriviamo dal Nuovo Testamento come, per esempio, il ritorno di Cristo dalle nubi del cielo.
Chi però vuole pensare, e non perché vuole fare l’originale ma perché ama sopra ogni cosa la verità, non deve più raffigurarsi il giudizio universale nel senso della convocazione di tutta l’umanità in un punto preciso del tempo e dello spazio, magari nella valle di Giosafat di cui parla il profeta Gioele:
“Si affrettino e salgano le genti alla valle di Giosafat, perché lì siederò per giudicare tutte le genti” (Gioele 4, 12). La definitiva proclamazione della giustizia divina ha un’altra forma. Quale? La medesima che presiede alla creazione, perché la fine non può che essere identica all’inizio. “Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi creò; per tutta l’eternità non verrò meno”, dice Siracide 24, 9 a proposito della sapienza. La creazione del mondo da parte di Dio è da intendere in riferimento a questo versetto biblico: ciò che Dio crea direttamente è la sapienza, la legge dell’ordine e delle relazioni ordinate che presiede il cammino dell’essere, il quale poi si sviluppa autonomamente. La medesima legge governerà ciò che la dottrina chiama giudizio universale.
L’anima umana può partecipare alla stessa logica di ordine e di simmetria che ha presieduto la creazione dell’universo e che presiede tuttora il suo sviluppo, una logica che è prima dei secoli, fin dal principio, che coincide con il principio, con l’arche, e che è quell’armonia di cui parlava Pitagora, che è il Logos di Eraclito e del Quarto Vangelo, l’Hokmà della letteratura sapienziale biblica che rivive anche nelle Sefirot della Qabbalah, ciò che gli antichi egizi chiamavano Maat, i saggi della Cina Tao, i saggi del Giappone Sbinto, l’Induismo e il Buddhismo Dhamma. La logica sapienziale che presiede al cosmo trova la sua autocoscienza nell’uomo. E come quella logica supera il tempo perché lo governa e lo plasma, così la punta dell’anima umana può superare il tempo, a condizione che abbia sviluppato in se stessa la stessa logica dell’ordine e dell’armonia, che in termini umani si chiama giustizia e bene.
Il giudizio è universale nel senso che vi viene sottoposto ogni essere umano secondo criteri universali, gli stessi criteri di ordine, equità e giustizia che la creazione stessa già contiene. Dio vuole la salvezza di ognuno e la sua grazia è sufficiente per tutti. Se la libertà dell’uomo avrà acconsentito all’attrazione che l’Idea del bene universalmente compie in lei, vivrà per sempre nella stessa dimensione al di sopra del tempo che è peculiare del Logos. (V. Mancuso, L’anima e il suo destino).

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.