La Chiesa non si riorganizza solo cambiando scarpe

La Chiesa non si riorganizza solo cambiando scarpe    J.MARIA CASTILLO

In tutto il mondo hanno fatto scalpore le nuove abitudini che il papa Francesco ha introdotto nell’immagine pubblica che il successore di Pietro offre d’innanzi al mondo intero. Nessuno dubita di lui poiché il papa somiglia più ogni giorno ad un uomo normale, senza le scarpe rosse di Prada ed ogni volta con meno cose pregiate e complesse nell’abbigliamento, che in passato ha sempre dato l’impressione di essere tanto vistoso e sorpassato. Ovviamente, queste novità sono da elogiare, perché ciò esprime che questo papa ha una personalità forte, originale, esemplare. Un papa è importante, non per la sua immagine pubblica, bensì per la sua esemplarità. È evidente che il papa Francesco ha molto chiaro questo. Per questo motivo tutti noi lo ammiriamo, lo applaudiamo, lo sentiamo più vicino a noi, e ci aspettiamo molto da lui.
Ovviamente, io non sono nessuno per dire al papa quello che deve fare, chi sono io per fare questo? Comunque, e con tutta la modestia ed umiltà che mi è possibile, oso affermare che solamente con il semplificare l’abbigliamento e modificare alcune abitudini, non basta a riorganizzare la Chiesa. Farà notizia, quello sì. Soprattutto tra persone e gruppi più tradizionalisti. Alcuni di questi hanno già alzato il proprio grido al cielo, perché, lo scorso giovedì santo , il papa Francesco ha osato lavare i piedi a due donne. Dà molta pena pensare che ci sia gente che, per simili cose, si allarmi tanto. Non sarebbe più ragionevole riflettere a fondo dove sta la radice dei veri problemi che affliggono la Chiesa? E, soprattutto, pensare ai problemi che colpisce tanta gente abbandonata, emarginata e senza speranza di un futuro.

Perché orbene, quello che io oso suggerire è che alla radice dei problemi che attanagliano la Chiesa, non c’è l’immagine pubblica che offre il papa, ma il vero problema sta nella teologia che insegna la Chiesa, perché la teologia è l’insieme dei saperi che ci dice quello che dobbiamo pensare e credere su Dio, su Gesù Cristo, sul peccato e sulla salvezza, ecc., ecc. orbene, come sa qualunque persona con una preparazione media, la teologia continua ad essere un insieme dei saperi che sono oramai sorpassati. Perché sono idee e convinzioni che si elaborarono e si strutturarono più di ottocento anni fa, e, come è logico, in una cultura come l’attuale, quando la mentalità della quasi totalità della gente ha altri problemi e ricerca altre soluzioni, si rimpiange che gli insegnamenti del clero interessano poco ed ogni giorno a meno persone. Io sono d’accordo in che Dio è sempre lo stesso, e che quindi non si tratta che la gente si inventi il “dio” che conviene in quel particolare tempo, niente di questo ,ma si tratta precisamente di tutto il contrario. Si tratta di capire seriamente se quello che insegniamo, con le nostre teologie e con i nostri catechismi, corrisponde precisamente a quello che Dio ci ha detto, o al contrario, ciò corrisponde più o meno al risultato di una lunga serie di pensieri di teologi, che, in tempi passati, hanno affermato cose che oggi servono a ben poco.

Termino facendo un esempio che illustra quello che cerco di spiegare. Nel “Credo”, la nostra confessione ufficiale della fede, noi iniziamo dicendo: “Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente”. Questo è quello che insegnò il primo Concilio ecumenico, quello di Nicea (anno 325). Tra le tante qualifiche che si sarebbero potute dare al Dio della nostra fede, si scelse quella di “onnipotente”, cioè, si optò per il “potere”, non per la bontà o l’amore che è l’aspetto che ci offre invece il Nuovo Testamento, 1 Gv 4, 8. 16. Ma non è questo quello che causa maggiore difficoltà, il problema principale sta in che, se si legge il testo originale del concilio, in greco, quello che lì si dice è che i cristiani credono nel “Pantocratore” che era il titolo che si attribuirono a se stessi gli imperatori romani della dinastia degli “Antonino”, dal 96 al 192 che dominarono l’età delloro dell’Impero, uguagliandosi agli dei. Orbene, il “Pantocratore” era il padrone dell’universo, il dominatore assoluto del cosmo. Una maniera di parlare di Dio che poco, o niente, ha a che vedere col Padre che ci presentò Gesù. E consti che questo esempio, pur essendo importante, è relativamente secondario. Senza alcun dubbio, la teologia ha bisogno di un aggiornamento che implica problemi molto più profondi delle scarpe del papa. Intensifichiamo la nostra fede e la nostra speranza nel fatto che il papa Francesco possa fare passi decisivi in questo senso. In questa speranza di rinnovamento, noi credenti ci giochiamo più di quello che sicuramente immaginiamo.

José María Castillo

/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.