Così ho deciso di regalare ai 2 o 3 che mi leggono delle riflessioni istantanee e magari balorde.
Ho letto un bell’articolo della Murgia sugli addii non programmati, e mi ci sono riconosciuto.
E’ vero, siamo tutti vittime e artefici delle relazioni che instauriamo e credo nessuno programmi mai la loro fine.
Poi succede che nel bel mezzo di esse salti un tappo di uno dei due.
E l’altro subisce la azione distruttrice del compagno, e le lasci campo di azione libero, per vedere dove va a parare. Possiamo fermarla questa azione devastatrice, potremmo mettere freno, cambiare il corso degli eventi.
Oppure lasciare che vada da se fino alle estreme conseguenze.
Talvolta ci sono cascato, e sono stato fermato in tempo o in tempo mi sono fermato io.
Tante relazioni finiscono perché non si sentono più come proprie le reazioni dell’altro, lo si lascia fare, lo si subisce e si lascia andare.
Spesso le relazioni finiscono per inedia, muoiono accartocciandosi su se stesse, avvolgendo di vuote, seppur dolcificate parole, il senso del distacco che ormai è inevitabile. Quando si decide per il trapasso ogni passo è inutile, anzi avvicina di più al baratro della fine.
Vivere certe relazioni instabili per svariati motivi può rendere forti per affrontarne la fine.
Ma bisogna essere pronti, e saper distinguere bugie e finzioni dai sentimenti veri.
Non è sempre facile, specie se troppe domande vengono lasciate senza risposte e troppi perché non trovano il loro senso compiuto.
Si finisce, perché anche se non si vorrebbe, non ci si sente più parte dell’altro, non si partecipa più alla emozione comune, finisce il comune sentire perché turbati dal frastuono delle voci e dai falsi sentimenti.
Allora vai con la tua azione devastante, prosegui per la tua strada incurante di tutto, quello che prima ti apparteneva adesso è perso, si tratta solo di iniziare da un’altra parte