COSA SONO I VANGELI

C’è troppa ignoranza sui Vangeli
COSA SONO I VANGELI (da Maggi)

Occorre sapere che cos’è un vangelo e come va letto.
L’approccio a un testo è sempre in rapporto al suo genere letterario. Un conto è l’atteggiamento con il quale si legge una poesia e altro il verbale di una multa. Chi legge un giornale sportivo non s’aspetta di ritrovarci lo stile di un romanzo d’amore.
I vangeli non vanno letti come la storia di quel che Gesù ha detto e fatto in quanto gli evangelisti non intendono trasmettere gli episodi storici della sua vita e del suo insegnamento. I vangeli non sono la cronaca di quanto avvenuto in Palestina duemila anni fa, ma la profonda riflessione teologica delle comunità che hanno accolto e praticato il suo messaggio.
Per conoscere nella sua interezza questo messaggio la Chiesa ha avuto bisogno di ben quattro vangeli, l’uno differente dall’altro, in quanto ognuno riflette la diversa esperienza di comunità che si rifanno all’unico insegnamento di Gesù.
Dal punto di vista storico non si ha la certezza di un solo gesto come realmente compiuto da Gesù o di una sola parola trasmessa come storicamente Gesù l’ha pronunciata. Le azioni e gli insegnamenti del Signore vengono infatti trasmessi in maniera differente da ogni evangelista.
Divergenze che riguardano sia gli aspetti più insignificanti quali il nome del nonno di Gesù che in Matteo è Giacobbe (Mt 1,16), ma in Luca è Eli (Lc 3,23) sia ai momenti più significativi della vita e dell’insegnamento di Gesù.
Grandi differenze tra un vangelo e l’altro che impediscono di conoscere con esattezza quanto Gesù ha storicamente detto e fatto anche in quegli aspetti considerati estremamente importanti nella tradizione cristiana.
L’episodio dell’“ultima cena” di Gesù viene riportato da tre evangelisti (Mt, Mc, Lc) che divergono sia sulle parole pronunziate da Gesù sul pane e sul vino sia sui gesti che le hanno accompagnate. E Paolo nella 1 Lettera ai Corinzi ne dà una versione ancora differente (1 Cor 11,23-25). Quattro differenti versioni che rendono difficile se non impossibile la ricostruzione storica dell’ultima cena.
E così si possono scorrere i quattro vangeli e notarne dall’inizio alla fine le tante divergenze:
– dal numero delle beatitudini: 8 in Matteo e 4 in Lc. Pronunciate in cima a un monte secondo Matteo e in luogo pianeggiante da Luca;
– Gesù insegna un’unica preghiera: Padre nostro. Qual è la formula pronunciata da Gesù? Quella più lunga riportata da Matte o la breve di Luca?
– Gesù risuscitato appare subito ai suoi discepoli come si legge nel vangelo di Giovanni o rimanda l’apparizione a qualche giorno dopo in Galilea come scrive Matteo?
Tutte queste differenze sono dovute al fatto che gli evangelisti non si sono preoccupati di trasmettere l’esattezza di eventi storici, ma la verità di fede in essi contenuta.
La verità è una, le maniere per formularla sono differenti, come fanno Matteo e Luca che aprono i loro vangeli con una stessa verità presentata attraverso situazioni e personaggi differenti. La verità che vogliono trasmettere è che quegli individui emarginati dalla religione e ritenuti lontani da Dio in realtà sono i primi a percepirne la presenza in mezzo all’umanità.
Questo è “che cosa” vogliono trasmettere gli evangelisti. Le modalità (“come”) sono diverse e se in Matteo i protagonisti della nascita di Gesù saranno i maghi venuti dall’oriente, nel vangelo di Luca saranno i pastori. Personaggi differenti ma uniti da una stessa realtà: sono gli individui considerati i più lontani da Dio perché pagani (maghi) e impuri (pastori). (Alberto Maggi).

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.