È VERAMENTE STORIA QUELLA CHE RACCONTA LA BIBBIA?
Diceva il domenicano Roland de Vaux, noto studioso dell’antico Israele: «Se la fede storica di Israele non è fondata sulla storia, tale fede è erronea, e pertanto lo è anche la nostra: fede».
Sembra pertanto di vitale importanza chiarire se quello che scrive la Bibbia sia storicamente accaduto oppure no. I libri su questo argomento non si contano, alcuni dichiarano: The Bible is History»; altri rispondono: «Sorry, it’s not».
Secondo la dottrina cattolica (e secondo il protestantesimo classico) la rivelazione storica di Dio depositata nella Bibbia avviene con «eventi e parole intimamente connessi tra loro», gestis verbisque intrinsece inter se connexis (Dei Verbum, 2). Il Catechismo specifica che le parole e le opere «si chiariscono a vicenda» e che insieme costituiscono «una pedagogia divina particolare: Dio si comunica gradualmente all’uomo, lo prepara per tappe» (art. 53). Siamo quindi invitati a pensare alla rivelazione storica di Dio come un itinerario a tappe, una specie di Giro d’Italia o di Tour de France che man mano che avanza conduce alla meta fiale, a ciò che Dei Verbum 2 chiama «la pienezza di tutta la rivelazione», plenitudo totius revelationis, identificandola con il Cristo. Più radicalmente occorre pensare la rivelazione divina non solo nella storia ma anche e soprattutto come storia, nel senso che gli eventi non sono semplici occasioni per rivelare parole con un messaggio eterno valido a prescindere all’evento, ma sono parte costitutiva della rivelazione divina la quale, senza la concretezza storica di quegli eventi, non sarebbe completa e neppure reale. La rivelazione di cui parla la dottrina cattolica si dà come storia e consiste nell’intima connessione di eventi e parole.
Se uno poi si chiede quante e quali siano queste tappe della divina rivelazione nella storia e come storia, leggendo il Catechismo (artt. 50-65) ha una risposta chiara ed essenziale che si sostanzia nel rimando ai seguenti eventi:
– Adamo ed Eva;
– Noè;
– Abramo e i Patriarchi;
– Mosè, l’alleanza del Sinai e la formazione del popolo di Israele;
– i Profeti;
– Gesù.
La storia della salvezza consiste quindi in sei tappe complessive, cinque delle quali (contenute in quello che i cristiani chiamano Antico Testamento e che a mio avviso è più corretto chiamare Bibbia ebraica o Scritture ebraiche) preludono alla super-tappa finale dell’evento Gesù. Siamo in presenza di sei eventi che insieme formano la pedagogia divina mediante cui la salvezza eterna giunge a ciascuno di noi. Per questo motivo di tale storia si deve parlare come di historia salutis, «storia della salvezza».
Visto però che si usa il termine storia, è doveroso chiedersi che cosa risulta quando questa «storia della salvezza» viene analizzata dal punto di vista della semplice storia ricostruita dalla libera intelligenza critica. Si tratta di un’analisi doverosa perché si possa legittimamente parlare di storia, come scrive con la sua consueta chiarezza anche Benedetto XVI: «Se dunque la storia, la fatticità, appartiene essenzialmente alla fede cristiana, quest’ultima deve esporsi al metodo storico».
Ebbene, quali sono i risultati di questa esposizione della fede alla critica storica? Possiamo dire che gli eventi a cui le parole depositate nella Bibbia sono intrinsecamente connesse formando così la rivelazione divina, sono effettivamente accaduti? (Vito Mancuso, Io e Dio).