Perdonati, ma non assolti

Ieri sera ho raccolto pensieri e sentimenti, e ho cercato  parole da scrivere e parlare, altre da tenere  dentro me, portarle all’ascolto delle  reazioni del mio animo.
Che traballa o esulta, gioisce o langue, sempre ricco, pieno di emozioni, memore che se esse mancano allora ci si sente vuoti, afoni, inutili, vacui.
Eppure tante volte vorrei esserlo, vorrei essere un automa che risponde solo a comandi esterni, che non prova sentimenti ed emozioni, che lascia che il mondo scivoli addosso ad un cuore di lamiera, in modo da non lasciarvi impronte e cicatrici.
Invece in questi giorni tutto lascia segni, tutto scatena passioni, mette alla prova le capacità di ognuno di provare un senso positivo e darlo alla vita nonostante la violenza e la bruttezza che essa mostra attraverso i mezzi e i modi che ce la raccontano.
No, non si può restare indifferenti di fronte a genitori che piangono i figli, non si può dire che il mondo sarà salvato dalla bellezza, che l’armonia è l’humus che ci nutre, e che nonostante tutto l’odio va sconfitto con la gentilezza, il male con il bene.
Amo pensarlo, ma non lo credo fino in fondo, non almeno in questi termini, in questi momenti, in cui il mio cuore come quello di tutti,  è attanagliato dalla morsa della paura e dell’angoscia.
Perché  questo male? Un male che ci costringe a rinunciare persino a quella umana pietas, verso i morti, che hanno contraddistinto la civiltà e la religiosità dell’homo sapiens sapiens? Sembra quasi che la natura, il mondo che abbiamo attraversato e devastato si stiano prendendo la loro rivincita nei confronti di una umanità che ha rifiutato se stessa, si è chiusa in se stessa, disprezzando la vita che nel pianeta si manifesta sotto i nostri occhi, in forme visibili e invisibili. L’uomo che ha fatto del benessere il suo dio, che ha preferito scambiare le parole sussurrate con quelle digitate, il contatto fisico  con l’immagine virtuale, il calore umano con quello delle batterie surriscaldate, sta scontando la rivincita, il karma come si dice, del mondo che ha rifiutato. Adesso non ci è possibile seppur volessimo, avere relazioni sociali, stringere mani e petti, abbracciare le persone care. E come conseguenza della solitudine estrema, quasi a volercelo ricordare fino alla fine,  persino ci è negato l’estremo saluto delle persone più care. Abbiamo vissuto circondati di solitudine, dobbiamo andarcene nel silenzio e nel dolore della solitudine.  Il morbo che ci atterra e atterrisce non è un castigo divino, neanche un castigo della natura, di per sé  indifferente allo svolgersi degli eventi che hanno come scopo solamente l’evolversi della vita in ogni parte e in qualunque modo essa si presenta.
Dovremmo solo fare attenzione, molta più di prima a diventare sensibili e attenti ai bisogni degli altri,  di abbracciare ed elargire carezze e baci, curare il giardino che ci è stato affidato in custodia, guardare gli altri non con l’indifferenza ma con il calore umano che ognuno di noi possiede e sa, volendo, trasmettere. Invece di uccidere, essere portatori di morte invece che di vita…
Ditemi,  devo ancora credere che l’uomo è buono, e che si salverà? Dobbiamo ancora sperare in un modo e in un modo diverso di vivere dopo il grande dolore di questi giorni bui?
Annegheremo in un mare di lacrime di pianto, forse quello sarà il battesimo purificatore che ci farà sorgere a nuova vita, forse già lo siamo immersi…inizio a versare le mie.
il doc è addolorato …

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.