Perché no alle donne?

Me lo chiedo spesso. E non trovo mai risposta. È un problema antico quanto i pulpiti da cui ogni domenica ci propinano le loro prediche o ramanzine o rimbrotti.

Ogni giorno, ogni domenica, ogni predica, omelie banali, magari contraddittorie con quello che hanno detto qualche giorno prima, peggio ancora in contraddizione con le pagine del Vangelo. Ma perché succede? Perché non c’è mai un tessuto connettivo che tiene assieme le parole, che magari sono si dettate dal buon senso comune, ma spesso anche da idee personali che non possono essere di insegnamento se non provate dalla vita e dalle opere.

Per non dire dei falsi e pretestuosi insegnamenti moralistici che offendono l’intimità di ognuno di noi. Ma perché accade?

Accade perché si perde la bussola del Vangelo, non lo si conosce o lo si ignora, nei suoi profondi significati, se ne danno interpretazioni fantasiose, personali, spesso campate in aria, che potrebbero essere giustificati se a trattare temi così delicati come il Vangelo fossero i laici non preparati.

Ma da un prete che ha la responsabilità educatrice presso un auditorium vasto, variegato, spesso interessato, non ci si aspetta che possa affidare al banale e al significato distorto e mal interpretato del Vangelo la sua predica.

E la cosa grave è che si sentono detentori di verità e in alto loco bloccano l’ingresso delle donne al ministero dell’altare.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.