Mt 5,17-33 La legge e i profeti portati a compimento

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: « Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. »  Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio.
Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,
lascia lì il tuo dono davanti all’altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione.
In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo! »
Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna.
E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio». Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re.
Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello.
Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno».

E’ il testo di vangelo in cui Gesù esplicita il suo rapporto con l’Antica Alleanza. Egli  è venuto a portare a compimento l’antico patto tra Dio e gli uomini, a dare pienezza alla legge, la legge di Mosè, quella stessa legge che pur osservata non ha dato i frutti sperati.  Questo perché le promesse di un Regno messianico dell’Antico  Testamento sembrano contrastare con le premesse di un regno e di una comunità cristiana che è tutta un’altra cosa. Gesù assicura tutti che le promesse del regno di Dio in terra contenute nella legge e nei profeti (cioè la Alleanza dell’Antico Testamento) saranno pienamente realizzate. Non è un comando ad osservare la legge, ma la profezia del compimento di una promessa: la stessa che è indicata nel Padre Nostro: si compia la tua volontà come in cielo così in terra. Questa promessa si realizza non osservando la Legge di Mosè, ma la nuova legge dell’amore che è proposta nelle Beatitudini, codice della comunità del regno nuovo. Infatti nel testo non si parla di comandamenti, ma di Legge, che sono due cose diverse, essendo i comandamenti quelli che nel testo di Matteo sono le Beatitudini, e sono definiti  “minimi” perché essi non sono fardelli da caricare sulle spalle ma sono gioghi leggeri e lievi. Chiunque li osserva sarà grande, cioè ammesso al regno-comunità di Gesù; chi non li osserva sarà “MINIMO”, cioè escluso dalla comunità. La fedeltà a Gesù deve essere superiore alla osservanza legale dei precetti farisaici, e deve essere di totale adesione, e la porta di ingresso non è più la Legge ma la prima beatitudine: beati i poveri per lo spirito. Se continuiamo a presentare le beatitudini con lo spirito del “beati i poveri” questi comandamenti nuovi, che dovrebbero costituire la carta di identità del credente in Cristo verranno sempre più sbeffeggiati. Le beatitudini sono la piena accettazione consapevole di far parte del regno e della comunità cristiana, e come tali devono essere vissute nello spirito della condivisione con gli ultimi e i diseredati, facendoci NOI più poveri PER lo Spirito, cioè per quell’amore che ci deve spingere a darci come pane spezzato agli altri. E in questo modo poter alleviare sofferenze, asciugare lacrime e confortare e farci promotori di pace e giustizia, ben sapendo che questo può comportare essere perseguitati e condannati dal mondo. Un grande invito di Gesù quindi ad essere parte attiva nel mondo e non aspettare nessun intervento divino dall’alto, magari invocato con preghiere e braccia tese, ma con mani abbassate a servire il fratello bisognoso. La porta per il regno dei cieli rimane la prima beatitudine, beati i poveri per lo spirito, ed è una esortazione che deve superare il legalismo dei farisei e la mera osservanza dei precetti. Il credente in Gesù deve metterci il cuore, la passione, l’amore e la faccia, se vuole essere superiore per qualità ai farisei. E ci mette sull’avviso Gesù  di essere prudenti e intelligenti nella vita. E illustra sei antitesi tra la legge dei farisei e il suo insegnamento, proprio per mostrarne le differenze qualitative. In tal senso Gesù non dichiara superata la Legge ma la sua interpretazione legalistica, quella che in altri termini sarebbe  il sed lex dura lex. Il bene dell’uomo e la sua felicità sono sempre al primo posto e valgono molto di più dell’osservanza e della casistica dei precetti della legge. Il comandamento “non uccidere” che portava in giudizio l’omicida, viene preceduto già dal giudizio sull’ira che accende la furia omicida. Già quella va severamente condannata per Gesù, perché conta l’atteggiamento del cuore. E se la predisposizione malevola porta all’insulto, anche chi dice “pazzo al fratello” va condannato, perché all’interno della comunità non è possibile troncare i rapporti con un fratello. Così se esiste questa divisione e si porta questo risentimento nel cuore, è inutile avvicinarsi a Dio portando doni all’altare. Prima devi riconciliarti col fratello, non importa da chi viene l’offesa, poi si va a Dio, che chiede misericordia e non sacrifici e doni votivi inutili. L’invito di Gesù è non lasciarci prendere dall’ira e dal risentimento verso chi ci è avversario e ostile. Ma nello spirito di quel perdono che va concesso sempre al prossimo, anche se nostro nemico, Gesù ci invita ad accordarci con chi ci è nemico e ci vuole male, strada facendo. Lungo l’itinerario della vita avremo sicuramente incontrato qualcuno che è stato di inciampo, che ci ha fatto del male. Ecco dice Gesù, consapevoli del fatto che anche noi che abbiamo subìto il torto, a nostra volta sicuramente abbiamo fatto torto a qualcuno, cerchiamo di essere pronti a concederlo il perdono qualche volta. E magari eviteremmo guai peggiori e ci saremmo guadagnati un nemico in meno. Povera vita (mia), quella vissuta per tanti anni nelle mani di un giudice e di avversari disonesti! Avrei potuto dar retta al cuore da cui avevo cacciato via queste parole, invece di dare ascolto alla mia mente cattiva consigliera e talvolta menzognera… Proseguendo ad esaminare la legge di Mosè e confrontandola con il suo nuovo insegnamento, Gesù comincia a demolire la antica Legge. Prima di cercare il  rapporto con Dio, bisogna instaurare un buon rapporto col fratello, presupposto indispensabile. E Gesù comincia a dettare le regole principali. Mentre la Legge di Mosè aveva dato facoltà al maschio ebreo di ripudiare per qualsiasi anche futile motivo (pure una minestra fredda) la propria moglie, abbandonandola senza nessun sostentamento, Gesù invece condanna chi lo fa per mero scopo di possesso e abuso. Non commettere adulterio: Gesù dice che chi considera la donna dell’altro come oggetto da cui impossessarsi ha già commesso adulterio nella propria coscienza. E il rimedio per evitare questo consiste nel buttare lontano da noi stessi i mezzi con i quali attuiamo questi sbagli. Se è l’occhio, che indica il mezzo del desiderio, e se esso è motivo di inciampo, cavalo e buttalo lontano, così come la mano che  indica l’attività umana. Se essi sono causa di atteggiamenti che sono di scandalo per la pienezza della esistenza eliminiamoli, pur di non rovinare tutta la nostra esistenza e perderci nel nulla. Chiunque ripudia la propria moglie, che tempo di Gesù non è il divorzio ma una decisione  unilaterale dell’uomo  nei riguardi della propria moglie, per una unione illegittima con una ripudiata, commette adulterio. Fare parte della comunità di Gesù, essere dei buoni seguaci del suo insegnamento, significa tenere dei rapporti improntati all’amore tra tutti i componenti della comunità.  Significa osservare norme che non siano di ipocrita morale ma di rispetto della propria e altrui dignità di persona. Non utilizzare gli altri a proprio piacimento e per egoistica soddisfazione di alcun bisogno, ma scevri da interessi di sorta essere disponibili al servizio e alla reciproca benevolenza e comprensione fraterna. Come dice S. Paolo  che l’amore non è solo un sentimento, ma che si deve intendere nel senso che il verbo “amare” ha in ebraico, vale a dire: “fare il bene”. Gesù dice che il  rapporto all’interno della comunità deve essere basato sulla sincerità e sulla schiettezza. Riguardo la pratica del giuramento, Gesù dice che esso è una pratica comune nella società e fra gli uomini perché la sincerità spesso ne è bandita. Gesù la esclude assolutamente all’interno della sua comunità. Nel regno di Dio la sincerità, cioè quella che nelle beatitudini è detta purezza di cuore, deve essere la norma. Il giuramento è quindi superfluo e sta ad indicare un segnale di corruzione dei rapporti umani. La bocca deve esprimere ciò che è contenuto nel cuore, e nella mente.  La purezza del cuore sta proprio nella coerenza di esprimere ciò che esso contiene, con la bocca. Ecco perché il nostro parlare deve essere “si, si, no no”,  perché il di più nel parlare è ad uso e consumo del potere che usa la diplomazia, la ipocrisia e la menzogna per dominare gli altri. E lo rapporta al maligno, il diavolo che è il principe della menzogna,  colui che secondo la bibbia l’ha introdotta nel mondo. E il diavolo- Satana è immagine del potere.  All’interno della comunità l’unico linguaggio che deve esistere deve essere quello dell’amore e della massima sincerità fra i suoi appartenenti. Nessuno deve ingannare il prossimo con la menzogna ma ognuno deve fare della sincerità un esercizio comune e continuo. Giurare nel nome di Dio e della terra è nominare Dio invano, così come contenuto nella legge mosaica. Giurare  sapendo di non poter essere coerente a ciò che si vuol sancire col giuramento è un gesto di superbia e di ipocrisia nei confronti del prossimo. Inganno e menzogna che vengono celate da belle parole ma che i fatti smentiscono e tradiscono le intenzioni che si celano dietro vane parole. Dobbiamo essere conosciuti come persone veritiere, di cui basta la parola: essere credibili più che credenti, e in tal senso rendere superfluo per gli altri il nostro giurare.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.