Mt 13,26-43 Zizzania e altre parabole

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù espose alla folla una parola: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.
Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.
Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.
Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?
Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?
No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.
Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
Un’altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo.
Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami».
Un’altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».
Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole,
perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: “Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo”.
Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo.
Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno,

LA PARABOLA DELLA ZIZZANIA NEL CAMPO…Gesù si oppone fermamente alla richiesta di estirparla, perché infesta il buon grano. Sa chi è stato, un nemico ha fatto questo, dice ai suoi servi che si meravigliano e dubitano della bontà della sua semina. I servi zelanti, quelli che sono sempre pronti a scagliarsi con parole di fuoco contro i presunti  nemici della buona azione del padrone, vogliono mostrare la loro fedeltà chiedendo di andare a strapparla per liberare il grano impedito a crescere. Sono molti i servitori zelanti del padrone, coloro che puntano l’indice accusatorio verso  chi si schiera contro il loro partito preso,  o che innalzano piedistalli di gloria ai padroni del loro cervello e delle loro azioni. O sono pronti a giurare sul vangelo e mostrare rosari per dichiarare la loro fedeltà alla loro ideologia padrona, che guida le loro azioni e i loro gesti a schierarsi contro ogni parvenza di zizzania  rappresentata da chi è estraneo al loro campo. Anche se trattasi di esseri umani. Una comunità di eletti non esiste nel linguaggio e nella azione di Gesù, se non si è figli del regno. Cioè uomini che accolgono l’invito a fondare una società che si basa sulla accoglienza, la condivisione, il servizio, frutti di un amore incondizionato verso il prossimo. Non serve strappare la zizzania, la si fa crescere assieme al grano. Provvederanno i mietitori a separarla e vagliarla dal grano. Poi essa verrà bruciata assieme a tutte quelle ideologie che i servi zelanti hanno costruito dando scandalo essendo contrario alla parola di promozione umana che Gesù ha lasciato alla sua comunità, che mai deve essere ammalata di zelo e servilismo. Poi parla del regno dei cieli come di un piccolo albero di senape, umile e utile. L’albero di senape, poco appariscente, non maestoso come il cedro del Libano con cui Israele immaginava la sua magnificenza, ma umile e però utile, dove gli uccelli tutti possano trovare riparo. E poi il lievito, immagine della impurità, cosa nefasta per la cultura del tempo in quanto allontanava da Dio. Eppure Gesù lo usa per farne un paragone col regno, che da piccolo germe di lievito feconda e fa sviluppare tutta l’umanità. Ogni comunità deve essere capace di accoglienza verso tutti. E nel farlo non deve mostrarsi orgogliosa e superba, come può essere l’albero del cedro del Libano che era magnificato per la sua bellezza. Ma cosciente della propria utilità, la comunità dei credenti deve agire con umiltà, e non vantare i propri meriti, poiché quando si fa il bene la mano destra non deve sapere cosa fa la sinistra, né decantare la propria virtù caritatevole nel tempio,  come il fariseo. Perché come dice S.Paolo, la carità che si esprime nell’amore vicendevole non deve vantarsi né gonfiarsi di sé stessa, né cerca il suo interesse, ma cerca il bene dell’altro senza chiedere nulla in cambio. Come fa appunto l’albero di senape con gli uccellini a cui offre rifugio e riparo, senza chiedere loro niente in cambio. Invece spesso si vede nelle comunità, e anche nella singola nostra vita, la totale indifferenza e chiusura nei confronti di chi si presenta alla nostra porta, o porto. Le differenze di razza, di religione, anche di status sociale e spesso di sesso, ci rendono diversi gli altri e inospitali noi, e chiudiamo orecchie e occhi ai loro probabili bisogni. E da buoni osservanti religiosi, ma non credenti in Gesù, spesso l’unica cosa che siamo capaci di dire è: pregherò per te. E alziamo le mani al cielo per chiedere per loro l’aiuto di Dio, invece di abbassare le nostre mani e essere noi le mani di Dio che aiutano, rendendo  di fatto reale il suo amore per noi. Ed è così che più che essere lievito del mondo, noi diventiamo parassiti di questa umanità che usiamo e sfruttiamo solamente per i nostri bisogni e interessi. Ma in tal caso diventiamo inutili come il sale buttato per strada e calpestato da ogni passante.

L’unica parabola di cui i discepoli vogliono spiegazione, perché non vogliono avere orecchie per intendere perché non sono d’accordo con Gesù, è quella sulla zizzania. Una comunità di discepoli in cui si cercano i primi posti alla destra e alla sinistra del Signore, in cui si rivaleggia e si cerca di essere superiori agli altri, loro che si credono giusti ed eletti, non ammettono il rimprovero di Gesù di non essere affatto giusti. Gesù è il seminatore che getta la sua parola nei terreni per essere  accolta. Egli non è colui che viene indicato come il Messia atteso, ma semplicemente l’uomo nella sua pienezza. Il seme non è la Parola di Dio, ma sono i buoni frutti del regno, cioè coloro che hanno accolto la parola e l’hanno messa in opera, compiendo il programma enunciato nelle beatitudini.  La zizzania invece è la rappresentazione del potere e della forza, coloro che sono partigiani e seguaci del “maligno” che sono  servitori e partigiani della ricchezza, del potere e del prestigio, e  della sottomissione al mondo e alle sue leggi, che non permettono la crescita dell’uomo e la sua libertà. L’oppositore di Gesù nel mondo è di fatto il “diavolo”, colui che incarna il potere in tutte le sue multiformi manifestazioni mondane. Non si tratta di un male già esistente ma di uno nuovo successivo alla semina dell’uomo. Quindi opposizione e contrasto alla azione di coloro che sono i buoni frutti della parola. Ad essi si oppongono gli alberi che danno cattivi frutti, come contraddizione che sorge all’interno delle comunità cristiane, ed esisterà sempre finché ne durerà la tappa storica e non bisogna ostinarsi a risolverla prima del tempo. La zizzania rappresenta coloro che danno scandalo nella comunità arrogandosi ambizione e potere disprezzando gli altri dall’alto della loro posizione e abusa dei doni per guadagnare in prestigio e autorità personale. Per essi verrà la mietitura e la fornace.

 La mietitura rappresenta la fine dell’epoca della ingiustizia in cui i figli della zizzania periranno per lasciare il posto al regno e al buon seme che ne ha permesso la realizzazione. Solo chi sceglie la vita e la dona con amore affinché altri ne abbiano in abbondanza, splenderà nel regno di Dio, che non è il paradiso ultraterreno, ma la realizzazione di quella società giusta che permetterà all’uomo la sua piena emancipazione e liberazione dal dominio della zizzania che infesta il campo del mondo umano.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.