“L’ordine.
Secondo Agostino l’essere è ordinato, l’essere è ordine; credere in Dio significa vedere il mondo nelle sue mani, vedere il mondo coi suoi occhi, sapere che nulla e nessuno, essendo Dio il fondamento dell’essere, può contro il suo volere corrompere l’essere del mondo. Ciò che appare come male alla coscienza parziale degli uomini, dal punto di vista di Dio, dal punto di vista dell’assoluto, male non è; è piuttosto una privazione della pienezza dell’essere che avviene in alcune cose per favorire l’armonia dell’insieme. Non c’è un essere malvagio; c’è un unico essere, che coincide col bene. Se a volte qualche fenomeno può essere privato della pienezza di questo unico essere è solo per favorire un maggiore dispiegamento della provvidenza. Il male quindi è privazione (affermazione di Agostino che questo libro condivide), e tale privazione avviene secondo un ordine per accrescere il bene presente nel mondo (affermazione di Agostino che questo libro non condivide)”.
Agostino vede tutto secondo il punto di vista di Dio, si pone all’altezza dell’assoluto e rimprovera la grettezza degli uomini che non comprendono la necessità del male in ordine all’accrescimento del bene presente nel mondo, solo perché non sanno uscire dal loro egoismo e vedere il tutto. Tutte le cose per Agostino occupano un determinato posto nel mondo, secondo un ordine che rispecchia la loro funzione e tutto in modo decoroso. Dio stesso che governa il mondo ha fatto si che tutto fosse al loro posto. Agostino fa del buon governo di Dio un vero e proprio articolo di fede. In questa ottica, un terremoto o una malattia genetica, sono “eventi che col loro venir meno all’essere originario risultano servire a un progetto globale, all’accrescimento del bene complessivo, e quindi hanno un loro scopo positivo, per nulla indecoroso”. Ma una sola lacrima di un bambino innocente, come si recita nei Fratelli Karamazov, vale questo ordine e questa armonia divina? Oppure è da condannare come poco cristiano, il fine che giustifica i mezzi, visto che il male è il mezzo per arrivare al fine del bene? Ma ancora, dove questo fin di bene è giustificato dalle stragi, dalla shoa, dalle morti improvvise e che sentiamo profondamente ingiuste? Per Agostino solo la fede può giustificare questo punto di vista di Dio che rende il male necessario al bene. E solamente l’armonia cosmica può rendere plausibile e incasellare in una certa funzione gli avvenimenti tragici che si susseguono in natura. Ma questa concezione agostiniana non deriva dalla teologia del Nuovo Testamento, quanto dalla filosofia stoica di Plotino. Questo pensiero che si pone dal punto di vista di Dio accettando ciò che avviene come espressione della volontà divina, non coglie lo specifico del Cristianesimo. “A seguito dell’Incarnazione, del legame ontologico Dio-uomo che si è venuto a creare (e si è venuto a creare perché preesisteva dall’eternità nel seno di Dio trinitario) non è tanto ciò che avviene nel mondo il segno privilegiato della volontà divina, quanto piuttosto la vita dell’uomo…. Da Cristo abbiamo imparato che la volontà di Dio è la vita dell’uomo, è ciò che costituisce il suo bene”. L’Antropocentrismo del cristianesimo è pari al suo teocentrismo. Se qualcosa di male avviene all’uomo, questo è male anche per Dio; non c’è nessuna armonia eterna che può renderlo un bene. Ecco perché il cristianesimo non parla di ordine e di armonia, ma di salvezza. L’insegnamento di Agostino è depositato in numerosi documenti dal magistero della chiesa che lo insegna ai credenti, come il CCC N° 412, che vorrebbe conciliare l’assoluta onnipotenza divina col suo giusto governo del mondo e la realtà del male. Il meccanismo che permette di tenere assieme le due cose è la distinzione tra causa prima, Dio, e cause seconde, le creature libere, che godono di una autonomia relativa che a lungo termine non può sfuggire al progetto della causa prima. Cosicché Dio per attuare il suo progetto non guarda l’interesse del singolo, ma tutto l’assieme del creato, agendo in tal modo come la natura che agisce per salvaguardare la specie. Dicendo ciò Agostino e Tommaso d’Aquino sbagliano.