L’opera si chiama Madonna della serpe e fu commissionata al Merisi per l’altare dei Palafrenieri addirittura in S. Pietro. Quindi il prestigio dell’autore era già all’apice e ne avrebbe ricevuto maggiore influsso e spinta. L’iconografia è quella della Immacolata Concezione, con il piede del bimbo che dà forza all’azione del piede della Vergine madre. Il Caravaggio rispettoso dei suoi temi per ritrarre dalla natura e dal vero, prende una famigliola di gagliarde contadine e ne fa un trittico sacro; le critiche furono feroci, definirono la S. Anna una “vecchiaccia” mentre Maria è nei panni di una” sboccata lavandaia”, e il bambino nudo come natura impone. L’opera fu naturalmente rifiutata, ma questo accrebbe la fama del Merisi, che vide il quadro ritirato ad un prezzo superiore di quello pattuito coi committenti, dal cardinale Scipione Borghese, che andava ampliando la sua famosa raccolta di capolavori. La disputa teologica di quegli anni, con i protestanti, sul problema della salvezza per grazia o per opere, fece bocciare in qualche modo l’opera del Merisi, visto che la grazia, personificata dalla S.Anna, venne giudicata troppo in disparte, nell’azione salvifica del gesto congiunto della Vergine e del bambino sulla serpe del peccato. Intanto però Caravaggio sfonda le porte barrate della religione, immettendo nei temi teologici e sacri tutto quel profano profondamente umano, che il suo naturalismo pittorico e il suo genio gli suggerivano. Innalzando alla gloria di altari e di immortalità perenne soggetti che da sempre la storia e la cultura, la società e il potere, avevano dichiarato sconfitti e oppressi: il popolino minuto e schiavo surge alla sua vittoria.
E’ l’anticipazione trionfante della presa della Bastiglia, delle rivoluzioni delle masse contadine, del 4° stato di novecentesca memoria. Ma più ancora la trasposizione pittorica e geniale di quel messaggio evangelico eterno e pregno di verità che annuncia il regno vicino per gli ultimi, che in esso saranno i primi.
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