Sicuramente nella mia vita non sono mai stato un buon cristiano e un perfetto cattolico osservante, e magari mai lo sarò. Ma sono fiero e felice della fede che professo e che mi è stata trasmessa col battesimo. Perché professo una fede che mi insegna che in un mondo dominato dalla volontà di potenza, dalla forza, e dai potenti che usano questa forza per scrivere la storia del mondo, è possibile capovolgere le sorti e i destini degli uomini a favore del bene e della giustizia. Perché la mia fede si fonda su un evento che capovolge i paradigmi con cui la storia ci ha abituati a leggere i suoi eventi. Essa si fonda sulla croce, la croce di Gesù che è un atto di violenza nei confronti di un innocente, che paga, si una colpa non commessa, ma non per soddisfare un dio spietato che esige sangue in riparazione di una offesa, ma è un gesto che diventa segno generoso al di là di ogni limite umano, di una vita donata perché possa l’amore di Dio manifestarsi in tutta la sua potenza, affinché non la forza e il potere vincano, ma la generosità e la gratuità del dono di se stessi. Ed è bellissimo il quadro che Marco ci fa nel capitolo 14,9: la donna, una sconosciuta che lo unge di preziosissimo nardo, il profumo che sta a rappresentare la vita di Gesù, preziosa, che non può rimanere chiusa in un vaso di alabastro o in un sepolcro nuovo, ma che si deve espandere per togliere il tanfo di morte che aleggia nella vita di ognuno di noi. Noi, che in assenza del vero Dio, abbiamo innalzato nuovi vitelli d’oro, e adoriamo la forza, la potenza, mammona, cercando ogni giorno di scrivere la storia dei forti dimenticando i deboli e le nostre debolezze.
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