IL CRISTO COSMICO

Nel 1633, Galileo Galilei nella chiesa di S.Maria sopra Minerva, è costretto alla abiura delle sue tesi scientifiche e a nulla valse quel “eppur si muove” che tenne la Chiesa cattolica ferma alle posizioni aristoteliche e tomistiche, segnando la definitiva frattura tra fede e scienza, che sembra tutt’ora insanabile e incolmabile.
La terra rimase cosi al centro dell’universo, garantendo lo sgabello ai piedi del suo Signore, e questo Signore, Dio, cosi onnipotente, cosi perfetto, cosi lontano e vicino nello stesso tempo, che di sé e del suo essere aveva impregnato fin dall’inizio della storia del pensiero umano, la vita, il sapere, il succedersi degli eventi, lo scopo, e la fine di ogni uomo sulla terra, diventava in un certo qual modo la corona d’alloro del trionfo dell’uomo, che aveva sopra di sé un Dio che lo aveva preso cosi a cuore da dare la vita del Figlio per la nostra salvezza.
La centralità dell’uomo, messa a dura prova dalle nuove eretiche teorie eliocentriche, veniva dunque conservata, e con essa la centralità del progetto salvifico di Dio.
Certo che il grande colmo a questo punto è, che Dio ha creato l’uomo per salvarlo, tutta una grande immane fatica, una creazione che va avanti da miliardi di anni per poi salvare l’uomo.
Il quale poteva già essere creato salvato, con gran risparmio di energie da parte di tutti, creatore e creature.
Ma visto che l’amore di Dio è infinito e incommensurabile, noi non possiamo certo giudicare i suoi piani, né misurarli con il nostro metro di limitato giudizio umano!
L’uomo quindi riveste questa grande importanza fin dall’inizio della creazione e della storia.
Dio gli è compagno a fianco nell’Eden pronto ad esaudire i suoi desideri, in un rapporto di parità, che continuerà con Noè, Poi si passa ad un rapporto a tre, con Sara e Abramo, dove Sara presto cede il posto a Isacco.
Quindi da un rapporto personale con l’uomo, Dio passa ad un rapporto familiare, cioè col clan familiare con Giuseppe, e i suoi fratelli, con il padre Giacobbe, vittima inconsapevole che sconta il vecchio inganno della benedizione carpita con frode.
Col passare dei secoli, il rapporto si stabilisce tra Dio e un popolo, e Mosè diventa il primo condottiero di Israele che lo guida alla libertà.
Dovremmo prendere come emblema dell’esistenza umana proprio questo programma: Dio chiama gli uomini alla libertà, ci ha creati per essere liberi, non per essere salvati!
Per tanti secoli un popolo si appropria di Dio e ne fa il suo salvatore e la sua guida.
Sembra un po’ troppo pretenzioso, Israele, a pretendere solo per esso un Dio cosi potente e forte, quasi una appropriazione indebita e spropositata.
E infatti è opinione comune di tutti i credenti professare e dire che non l’uomo ha scelto Dio, ma Dio ha scelto un popolo, a cui rivelarsi e donarsi come potenza e guida.
Ma questa fedele alleanza non fece per nulla di Israele un grande popolo, sempre in balia, piccolo e diviso come era, dei regni idolatri vicini, ora l’Egitto, ora la Persia, ora la Macedonia greca.
Ma questo venne addebitato alla scarsa fedeltà del popolo ebreo alla legge del suo Dio, giusto per non perdere questo gusto di protagonismo dell’uomo.
Intorno all’anno 756 ab Urbe Condita un avvenimento che sembrava come tanti, squarcia in due la storia e la cronologia della storia dell’uomo.
Sotto il massimo fulgore dell’impero romano che domina il mondo, nasce colui che questo mondo dominerà in spirito nei successivi 21 secoli, e per chi ha fede sempre nei secoli futuri. Dio si incarna negli uomini, a consacrare quasi questa immensa importanza e considerazione che noi godiamo nell’alto dei cieli, e il rapporto tra Dio e gli uomini adesso non è più con un popolo ma si allarga a tutta l’umanità.
Sembra quasi che col passare del tempo i confini dell’azione divina si vadano estendendo sempre più, facendo pensare che l’uomo è un limite di Dio, e non può essere sempre cosi. L’antropocentrismo diventa cosi evidente che il peccato di superbia che fu addebitato ad Adamo, si trasmette nei secoli successivi ai cristiani, a tutta l’umanità secondo la teologia ufficiale, che si reputano degni di tale attenzione da parte del loro Dio.
Quindi tutto viene fatto per l’uomo, persino una morte sul patibolo più infame soffre Dio per noi.
E questo dovrebbe creare sconcerto in chi pensa che noi non contiamo nulla.
Contiamo eccome!
E a questo punto si aprono due possibilità.
O l’uomo è la massima espressione dell’essere nell’universo e quindi tutto questo gran daffare di Dio ha un senso.
Oppure se infiniti sono gli universi, e molteplici le possibilità che l’evoluzione porti la vita e l’essere in altri sperduti angoli di sperdute galassie di universi multipli o paralleli, vorrei ben vedere quale importanza abbiamo noi esseri umani.
Che già Kant diceva che la nostra misera materia è destinata ad essere restituita alla materia del mondo, ma il nostro spirito deve andare ben più lontano!
E Pascal gli fa eco, paragonandoci a canna sbattuta dal vento, ma pur sempre pensante e in grado di vedere se stesso al centro del cosmo.
Ora di fronte a queste due enormi possibilità, e per quanti sforzi faccia altre non ne vedo, mi sembra infinitamente piccolo e misero l’impianto teologico della religione cattolica che tutto riduce al binomio peccato-grazia.
Se il peccato diventa il fondamento dell’esistenza, e tramite esso ci si salva o ci si danna, buttando a mare tutta la fatica e le doglie del parto della creazione, la nostra vita è proprio ben poca cosa, se è legata ad esso.
Capisco perché in questo caso l’uomo è tutto, ed è al centro del cosmo, ed è nel cuore dell’interesse di Dio.
Poniamo caso che in un universo parallelo e distante, contemporaneamente al nostro tempo e alla nostra storia, ma in mondi infinitamente distanti si svolga una esistenza qualsiasi. Essendo unico il Dio, possiamo supporre che unica sia la teologia che pone al centro il peccato e la salvezza come progetto?.
Se Dio esiste per sé stesso, come increato e idea sussistente, ma la teologia e la filosofia sono prodotti dalla mente umana, possiamo essere cosi antropocentrici da essere riprodotti, magari come idee, pure nell’altro universo?
Questo spiega la paura che aveva la chiesa nei confronti di Giordano Bruno e Galileo Galilei.
Perché è impensabile che da qualche altra parte ci sia la stessa linea teologica di Agostino e Paolo e Cirillo.
Ma nello stesso tempo dobbiamo concludere che se un principio deve essere universale e valere qui ed ora come altrove nell’universo, e nei secoli a venire, il contenuto della teologia deve essere quanto più universale possibile.
Non come numero di adepti, ma come valore della proposta; peccato e salvezza sono troppo esigui, stretti per contenere l’universo.
Allora rivolgiamoci a quei contenuti riconosciuti universalmente, come libertà, realizzazione del divino in noi, bene di tutti, amore, felicità, e altro che possiamo cogliere nei vangeli.
Sono le parole e i messaggi che più frequentemente ricorrono nel vangelo, e che fanno di Gesù, non un predicatore di peccati da assolvere, ma una figura Cosmica, il catalizzatore della creazione, la realizzazione eterna di un messaggio d’amore di Dio valido per tutte le latitudini e per tutti i mondi sognati, e magari reali, dai vari Giordano Bruno della storia dell’umanità. (Gioacchino la Greca).

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.