Per quanto controversa possa sembrare l’affermazione, continuare a fare della presenza del male nel mondo la roccia su cui si fonda l’ateismo che in tal modo nega la presenza di un Dio buono e amorevole, occorre che i credenti facciano un passo avanti e dire con coraggio: Dio c’è ma non interviene, né con i miracoli, apparizioni, postine, o altro, per cui non permette neanche che il male accada.
Bisogna cambiare il paradigma della onnipotenza divina, è necessario cambiare la visione cosmologica e daimonica del mondo, in cui va sostituta la credenza mitica, sovrannaturale e astorica del continuo interventismo divino, con quella di un Dio che lascia libero il suo progetto di realizzarsi attraverso le cadute e le sofferenze tipiche delle creature limitate e sorrette solo da un fede in lui, che travalica i limiti stessi della nostra finitezza umana.
Dire come Geremia, che anche attraverso il dolore tu o Dio, realizzi il tuo piano nella storia, nel rispetto della libertà, capace di piegarsi egli stesso al dolore della croce e della morte, mantenendosi sempre fedele al patto di alleanza stretto con l’uomo fin dalla sua comparsa nella scena della vita