L’anima di un uomo che ha vissuto secondo la logica del bene, quando termina la vita fisica rimane in quella dimensione del bene dove già era entrata durante la vita fisica. La differenza è che ora l’Idea del bene le dà forma, la in-forma, in modo completo. Dopo la morte, l’arbitrio concesso alla libertà viene meno. Dopo la morte, la libertà non si dice più come libero arbitrio, ma diviene adesione consapevole alla necessità oggettiva dell’essere, che è il grado più alto della libertà. La libertà, infatti, non è fine a se stessa ma è finalizzata alla verità e quando aderisce totalmente alla verità si compie come necessità, diviene come la libertà necessitata di non poter commettere errori di cui gode un grande matematico (perché necessitato dall’esattezza), una libertà molto più ampia di quella di chi a volte può, e a volte non può, risolvere le equazioni; diviene come la libertà necessitata di non poter dipingere male di cui gode un grande pittore (perché necessitato dalla bellezza), una libertà molto più ampia di quella di chi a volte può e a volte non può, dipingere bene. La libertà reale matura in modo direttamente proporzionale al grado di adesione alla verità. Dopo la morte, la libertà soggettiva si compirà come adesione perfetta alla verità tutta intera, la verità ordinata dell’essere cosmico e della nostra corrispondenza con essa. (da L’anima e il suo destino, p. 213)