EUCARESTIA SECONDO I VANGELI di A. MAGGI

da una conferenza di p. Alberto Maggi.

“L’eucarestia è l’elemento importante, indispensabile, prezioso per la vita e la crescita della comunità. Allora questo nostro incontro vuole esaminare l’eucarestia secondo il vangelo di Matteo. Perché secondo il vangelo di Matteo? La chiesa dispone di ben 4 versioni differenti dei gesti e delle parole che Gesù ha compiuto durante la cena con i suoi discepoli. Allora prima di iniziare, penso che più o meno sono tutte persone che vengono agli incontri, sono pratiche, comunque è sempre bene rinfrescare cosa sono i vangeli. I vangeli non sono cronaca, ma sono teologia, non sono un elenco di fatti, ma di verità che non riguardano la storia, ma la fede. Per questo gli evangelisti si ritengono liberi di cogliere le parole di Gesù, modificarle nelle situazioni e nei luoghi. Questo in passato era difficile da comprendere. Si credeva fino agli anni 60-70 che i vangeli fossero una sorta di storia di Gesù. Ecco, oggi non è più possibile una affermazione del genere. A noi, può sembrare sconcertante, paradossale, eppure è bello, noi non abbiamo la certezza di neanche una parola che sia stata pronunziata da Gesù così come ci è stata trasmessa dagli evangelisti. Noi non abbiamo la certezza neanche di un gesto che sia stato compiuto da Gesù così come ci viene trasmesso dagli evangelisti perché gli evangelisti non hanno voluto trasmetterci una cronaca, ma una teologia, la verità di un fatto. Per questo hanno preso le parole di Gesù indubbiamente, i gesti di Gesù e poi le hanno strutturate secondo il messaggio che volevano trasmettere. Questo in passato era difficile da comprendere, si credeva che i vangeli fossero la storia di Gesù. Come si spiegavano le differenze tra un vangelo e l’altro? Beh… una volta c’era un evangelista, una volta ce ne era un altro e quindi ognuno ha presentato la sua relazione. Allora, per esempio, le beatitudini quante sono? 8 pronunziate da Gesù su un monte come c’è scritto nel vangelo di Matteo o 4 in un luogo pianeggiante come scrive Luca. Ebbene, che problema c’è? Una volta Gesù ne ha pronunciate 8 e c’era Matteo, un’altra volta 4 e c’era Luca. Il Padre nostro è differente. E così via le varie differenze… ma questo a un certo momento trova uno scoglio: l’ultima cena. Non si può affermare: beh, una volta ha fatto l’ultima cena e c’era Matteo e poi ha fatto l’ultima cena e c’era Luca o un altro.
L’ultima cena è una. Ebbene nell’ultima cena noi abbiamo 4 versioni differenti, differenti proprio negli elementi che la compongono. La cena di Gesù infatti viene narrata in 3 vangeli, è assente nel vangelo di Giovanni, anche se Giovanni ha altre modalità per presentare l’eucarestia. Quindi ce l’abbiamo nel vangelo di Matteo, di Marco e di Luca. Dalla comparazione con questi tre vangeli e con quello che è il testo più antico, e la narrazione più antica dell’eucarestia si ritiene che sia degli anni 50 la prima lettera di Paolo ai Corinzi, si possono notare le rassomiglianze tra Matteo e Marco che si rifanno alle celebrazioni eucaristiche sorte nella chiesa di Gerusalemme, mentre Luca e Paolo si rifanno alle celebrazioni sorte in terra straniera, in terra pagana, ad Antiochia dove per la prima volta i discepoli di Gesù sono stati conosciuti come i cristiani. Questo è importante perché fin dall’inizio non c’è stata una forma unica di celebrare l’eucarestia, ma ci sono varie modalità perché l’eucarestia è legata alla vita e la vita non si può incanalare. Quando parliamo di eucarestia non pensiamo alle nostre messe. Se Gesù o i discepoli, i cristiani, si trovassero in una nostra messa non capirebbero assolutamente nulla di quello che sta avvenendo. Le nostre celebrazioni eucaristiche più sono perfette e più sono atee, atee nel senso che non c’è posto per il Signore. Nell’eucarestia la comunità sentiva Gesù vivo, presente che parlava, insegnava, ricordava. Nelle nostre celebrazioni non c’è posto: è tutto prescritto cosa deve dire il celebrante, cosa deve rispondere la gente, in piedi, seduti, i gesti da fare… Se Gesù volesse attraverso una profezia, attraverso un insegnamento pregare una sua parola: non ha posto. Quindi è ora di riscoprire la vivacità dell’eucarestia, sganciarsi da questi rituali che l’hanno mummificata per riscoprire quello che la primitiva comunità sapeva: la presenza di Gesù vivo. Quello che Gesù voleva trasmettere non lo ha potuto fare nel breve periodo che è stato con i suoi discepoli. La comunità si riuniva nella celebrazione eucaristica, ricordava le parole di Gesù, ne capiva il significato e ne coglieva di nuove. I vangeli sono nati così. Quindi è importante oggi e per questo facciamo questo incontro, riscoprire il significato della celebrazione eucaristica che non ha nulla a che vedere con quel rito insignificante, insulso, vuoto celebrato attualmente. Credo che se in certe chiese, al prete che sta celebrando la messa, gli sostituiamo il messale, ci mettiamo l’elenco telefonico, non se ne accorge, continua con la stessa lagna, con la stessa tiritera, sono cose senza vita. Allora occorre riscoprire la potenzialità del messaggio di Gesù. Ne va della nostra esistenza. I vangeli sono nati così: è nell’eucarestia che Gesù continua a insegnare alla comunità e se noi non lo facciamo parlare, rimaniamo senza la sua parola e la sua è parola di vita. Un esempio di questo Gesù che parla nell’eucarestia: se prendete il vangelo di Giovanni e andate alla fine del cap. 14 vedete che Gesù dice: alzatevi, andiamo via da qui. Poi incomincia al cap.15: Io sono la vera vite e voi siete i tralci, tutto un discorso lunghissimo molto importante, un discorso che continua nel cap.16, nel cap.17, e soltanto all’inizio del 18 c’è scritto: e usciti andarono verso il monte degli ulivi. Se noi togliamo questi 3 capitoli vediamo che la fine del cap. 14 e l’inizio del 18 coincidono. Alla fine del cap. 14 Gesù dice: alzatevi, andiamo via di qui, e all’inizio del cap.18: detto questo uscirono. E quei 3 capitoli? Sono nati nell’eucarestia. Quindi è importante riscoprire l’eucarestia perché nell’eucarestia Gesù parla e il suo insegnamento è la vita della comunità. I riti, sono riti imbalsamati che lasciano le persone tali e quali sono entrati. Quindi nei vangeli abbiamo 4 versioni differenti e il testo più antico è quello contenuto nella prima lettera ai Corinzi di Paolo. Un particolare che riguarda noi italiani che abbiamo un privilegio straordinario, in nessuna di queste 4 versioni appare la parola sacrificio. Voi sapete che nella liturgia italiana, nelle parole della consacrazione: questo pane è il mio corpo, si legge: offerto in sacrificio per voi… In nessuna delle 4 versioni c’è la parola sacrificio, non c’è nel testo ufficiale della chiesa cattolica che è in latino, non c’è in nessuna altra traduzione al mondo, gli unici che abbiamo questo privilegio siamo noi italiani. Perché questo? Perché al concilio ci fu uno scontro tra l’ala progressista e i conservatori sul titolo da dare al capitolo dell’eucarestia. L’ala progressista rifacendosi ai vangeli voleva titolarla la cena del Signore, l’ala tradizionalista voleva titolarla: il sacrificio del Signore. Quelli della mia generazione ricordano che la celebrazione della messa era ripercorrere il sacrificio di Gesù, la sua morte, la sua passione. Ci fu una tensione, alla fine vinse l’ala innovativa, il titolo viene dato: cena del Signore, però poi nella traduzione italiana, nella liturgia, infilarono la parola sacrificio che non c’è ripeto nei testi originali”.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.