“Il cielo stellato e la legge morale. Vito Mancuso

87 RIFONDAZIONE DELLA FEDE. VITO MANCUSO.”Il cielo stellato e la legge morale. “Der bestirnte Himmel uber mir und das moralische Gesetz in mir”, con queste celebri parole Kant suggella la conclusione della Critica della ragione pratica: ” Due cose riempiono l’animo di ammirazione e di reverenza sempre nuove e crescenti, quanto più spesso e più lungo il pensiero vi si ferma su; il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me”. Questa frase notissima altro non è che la posizione della dualità, dell’antinomia di necessità e libertà che definisce il dramma dell’esistenza umana, perché la legge che governa i cieli (la forza) è opposta a quella della legge morale (il bene). Lo dice lo stesso Kant quando scrive della diversa origine delle due fonti di ammirazione: quella procurata dall’osservazione del cielo stellato “inizia dal luogo che occupo nel mondo sensibile esterno”; quella che sorge dalla legge morale “inizia dal mio Io invisibile, dalla mia personalità”. Questo Io invisibile non nasce dalla natura, che vuole la forza. Kant ha sostenuto una dura battaglia contro chi vuole trattare dogmaticamente questo Io allo stesso modo di ogni altro oggetto del mondo, per ottenerne un sapere sicuro, dominabile, funzionale al mondo. Ma esso è come la manna del deserto, non può essere conservata e non se ne può appropriare nessuno perché imputridisce. Il sapere che vuole mettere le mani sulla libertà dell’anima facendone un sapere ordinato e dogmatico è destinato alla marcescenza. Questo perché il potere ha paura della libertà, e la vuole dominare costringendola in un sistema. Non è un caso che la Chiesa all’apice del potere abbia preferito Aristotele e Platone per costruire il suo sistema di pensiero. Kant ha offerto un grande contributo a questa liberazione dai lacci del potere. Egli andò avanti nella sua opera, cosciente del bisogno del sapere positivo della nostra esistenza, e scrivendo appunto che “la legge morale mi rivela una vita indipendente dall’animalità e persino dell’intero mondo sensibile. Ma la saggezza dell’umanità lo ha sempre saputo e l’ha chiamata anima. L’esistenza dell’anima spirituale è l’unico fondamento della vita indipendente dell’uomo, della sua libertà che decide per il bene e la giustizia. Egli dice che alla fine dobbiamo restituire al pianeta la materia di cui siamo composti, mentre viene innalzata l’intelligenza dell’uomo, la sua personalità di cui la legge morale svela il valore e l’indipendenza di vita rispetto alla materia e al sensibile. Anche Pascal afferma che l’uomo è una canna nell’universo, e che non è necessario che l’universo si armi per spezzarla, basta una goccia d’acqua, o un vapore per ucciderlo: eppure è una canna pensante, e così mentre lui sa di morire l’universo non sa nulla di questo grande vantaggio che ha sull’uomo. La nostra dignità sta quindi nel pensiero. Su questo dobbiamo far leva, non sulla durata nel tempo e nello spazio, per noi incolmabili. Dobbiamo pensare bene, ecco il principio della morale. La realtà che dentro di noi vede questa debolezza e questa forza è stata pensata dai grandi uomini come Anima, con una origine più alta di noi. Ma l’anima e la vita morale, l’adesione pura al bene, portano alla trascendenza. Tutto ciò fu riconosciuto da Kant che alla fine della Critica della ragione pura scrive che egli non potrà mai rinunciare alla esistenza di Dio e in una vita futura, perché altrimenti risulterebbero rovesciati i suoi stessi principi morali, ai quali non potrebbe rinunciare per non risultare spregevole ai suoi stessi occhi.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.