CANTO D’AMORE

CANTO D’AMORE di Giorgio De Chirico

Quadro metafisico nel vero senso della parola.
Non perché abbia un significato trascendente, ma perché trasporta al di là di ogni significato della rappresentazione di ciò che contiene, senza darne piena spiegazione e comprensione. Qualsiasi spiegazione andrebbe bene, e mai sarebbe completa. Una enorme testa di Apollo bianca, un guanto da chirurgo rosso, una palla verde. Architetture di portici che richiamano piazze italiane, colori dei 3 oggetti che potrebbero richiamare la bandiera italiana e la nazione allora in guerra, un enorme guanto di plastica rosso da chirurghi, inventato da poco. Forse il ricordo delle sue ferite in guerra in cui venne operato e curato in ospedale. Tutto potrebbe essere, anche la celebrazione di un oggetto inventato da poco e introdotto nel campo medico chirurgico.
Spazi vuoti, desolati, piazze deserte e immense ove le figure si perdono: un Apollo simbolo della perduta bellezza e armonia dell’arte e del nostro sfigurato paese? Chissà… in ogni caso un senso di angoscia e di trepidante emozione colpisce chi sa andare al di là della tela e della superficie dei colori.
De Chirico esprime i sentimenti e le idee con gusto sopraffino ed enigmatico; non si può pretendere di comprendere appieno le sue raffigurazioni, perché c’è sempre il “quid” dell’anima umana che trascende il tempo, lo spazio, la realtà che si raffigura racchiusa tra queste sue manifestazioni che sono solo l’ombra della volontà del pittore.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.