Mt 28,16-20. Ascensione non Assenza

 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

 

E i discepoli salgono in Galilea, “sul monte che Gesù aveva loro fissato” (Mt 28,16)

 Gesù non aveva indicato alcun monte: aveva chiesto ai discepoli di andare in Galilea, ma senza indicare il luogo preciso dove incontrarlo. Quella dell’evangelista non vuole essere un’indicazione topografica, ma teologica, non vuole indicare un luogo, ma una realtà.

L’articolo determinativo indica che quel monte è già conosciuto, e non una montagna qualunque.  È il monte dove Gesù aveva proclamato le beatitudini (Mt 5,1).

Sul monte delle Beatitudini l’evangelista vuole dare una precisa raccomandazione affinché i discepoli, e tutti i credenti in Gesù, possano sperimentare nella vita quotidiana il Risorto.

 E’ asceso al cielo?

E cosa abbiamo capito di quello che è successo prima? Se non cogliamo il senso di tutto quello che è successo prima della morte in croce e della resurrezione, a maggior ragione non si comprende l’ascensione.
Siamo riusciti a cogliere il senso del suo insegnamento?
Quel suo nuovo comandamento che prende il posto della legge di Mosè: amatevi come io vi ho amato.
E del modo di applicarlo alla vita di tutti i giorni, mettendo in pratica la nuova legge dell’amore: le Beatitudini.

Anche i suoi discepoli, gli Undici mancando Giuda, che adesso rappresentano tutti i credenti di tutto il mondo, non più del solo Israele storico, devono comprenderlo in pieno per poterlo trasmettere a noi tutti per i secoli a venire. 

Dalla Galilea il messaggio si universalizza.

I discepoli si prostrano davanti a Gesù riconoscendolo come Signore, ma nello stesso tempo dubitano, nonostante la scena fosse simile a quella  a cui avevano assistito nella trasfigurazione che anticipava la resurrezione.
Come possiamo rendere Cristo veramente risorto nella nostra vita?

Gesù ha adesso autorità divina dopo aver sconfitto la morte. Egli trasmette lo Spirito, e in questo Spirito bisogna “essere battezzati” , rimanendo in tal modo legati a lui. Poi viene l’insegnamento, che non è una dottrina ma uno stile di vita da mettere in pratica. 

E questo insegnamento sono le Beatitudini.

L’accettazione delle Beatitudini, che sono i nuovi comandamenti che la comunità deve mettere in pratica, sono la porta di accesso alla parusia-presenza del Risorto.

L’esperienza di Gesù vivente passa quindi non più solamente attraverso l’accettazione della vecchia legge mosaica dei comandamenti del Sinai, ma attraverso la nuova legge fondata sullo spirito di amore che Gesù ha promulgato, novello Mosè, sul monte delle Galilea.

La scelta di queste otto beatitudini, di cui la prima è la porta di ingresso nel regno, accettare di essere poveri per lo Spirito, permette a tutti di fare l’esperienza della Resurrezione, ottenendo quella pienezza di vita che sola ci permette di attraversare indenni la morte. La scelta di esse rende possibile ai credenti di ogni tempo di realizzare il regno di Dio in terra, così come recita il Padre nostro    (Mt 6,10), e di essere puri di cuore in modo da vedere Dio

E infine la promessa che mai saremo soli,  Gesù sarà sempre l’Emmanuele,  il Dio con noi e in mezzo a noi.
Vogliamo parlare serenamente della Resurrezione?
Allora mettiamo da parte i miti e i concetti miracolosi.
Come non ha senso dire, letteralmente, che il Risorto è salito al cielo, così non ha senso dire che si lasciò toccare con le mani, e vedere con vista fisica, o ancor meno che mangiò.
Se vogliamo vederlo e viverlo soprattutto come esperienza viva e vivificante dobbiamo andare in Galilea, sul monte delle beatitudini, così come dice l’angelo alle donne al sepolcro.
Li lo vedremo se saremo capaci di mettere in atto i suoi insegnamenti sanciti nelle Beatitudini annunciate sul monte, in Galilea, e non a caso il monte da cui lui ascende ad essere assurto come dio, dopo aver applicato fino alla fine le Beatitudini alla sua vita.

E renderlo presente donando un amore pari al suo sarà la conferma che lui sarà sempre con noi quando saremo capaci di condividere, servire, accogliere gli altri nel bisogno. In tal modo l’ascensione non è una assenza, ma una maggiore presenza.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.

Una risposta a “Mt 28,16-20. Ascensione non Assenza”

  1. L’Ascensione è una conferma, ci dice che lo spirito creativo che abbiamo accolto non si separa più da noi, ma penetra con maggiore forza nella nostra esistenza, e si diffonde intorno. Questo contatto l’unico vero, non ce lo danno quelli che si sono attribuiti questo compito e lo fanno malissimo. Se si cerca si trova, perché se ne sente il bisogno, la vita ci dà tante occasioni, a noi tocca solo accogliere. “Ero straniero” dice Gesù. Può succedere, ma Lui resta lì, in attesa che lo comprendiamo. Ognuno un rapporto diverso col divino, un rapporto unico e particolare, solo nostro. Allora l’ascensione è questa entrata del divino in noi, questa accoglienza, è il cambio della vita, è abbandono dell’egoistico accentramento e della chiusura agli altri, perchè la ricchezza che ricevi è così tanta che non puoi tenerla per te. Ecco l’apertura a chi ci sta intorno. Senza escludere nessuno.

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