Oggi è festa nazionale della Liberazione. Il 25 aprile è una data importante per tutti gli italiani. Ma dovrebbe essere anche una festa personale per ognuno di noi.
Ognuno di noi dovrebbe avere il suo personale 25 aprile da festeggiare. Il mio c’è stato, ho festeggiato il mio 25 aprile.
Tra una rumorosa strada polverosa in un assolato pomeriggio siculo.
Tra il clacson fastidioso di auto e grida festose di bimbi che invitano a gioire.
E dentro esultavo per essere libero da qualcosa che mi opprimeva.
E mi invogliava ad abbracciare, a stringere mani un tempo lontane.
E mentre i ricordi scorrevano nella mente e nel cuore, con immagini ormai sbiadite dal tempo, il calore delle parole rendevano umano ciò che prima non lo era.
E’ bello quando il gelo si scioglie e il caldo tepore di una parola giusta al momento giusto ti scalda il cuore.
Eppure non ci credevo quasi più, ma è successo.
Bisogna sempre credere alle cose che sembrano irrealizzabili.
Pensare in positivo perché diventa sempre più convincente la tesi che noi siamo quello che pensiamo.
Liberazione, dal negativo, dall’oblio, dal passato che sempre ingombra il nostro presente e rende arduo andare incontro al futuro.
Immagini lontane di momenti di spensierata giovinezza, di avventatezza e puerile iracondia.
Gioiose immagini di matura e sincera riconoscenza adesso hanno preso il posto di quel gelido passato.
Non si possono mai accantonare anni e anni di vicinanza e condivisione solidale.
E tutto ciò così improvviso non poteva che allargarmi il cuore, dilatarne la capacità di riconoscere i meriti altrui e i miei demeriti.
Come sempre faccio con estrema onestà, quando riconosco e rispetto persone che stimo e amo.
E ieri è stata una giornata di liberazione.
E sono felice.
E altri sono felici del mio stato, e lo voglio comunicare.
Perché sono ancora capace di sentimentalismi.
Di abbracciare.
Stringere mani.
Provare calore e affetto.
Umani, siamo essere umani.