Vittime del peccato

LE PREOCCUPAZIONI DI GIOVANNI E QUELLE DI GESÙ: IL PECCATO CONTRO LA SOFFERENZA.
La figura di Giovanni è ammirevole ed esemplare. Perché è la figura di un profeta. E anche più di un profeta (Mt 11,10). Un uomo così libero da ogni paura nei confronti dei poteri di questo mondo che non esitò a denunciare gli scandali di un tiranno pericoloso. La scelta gli costò la decapitazione, in una notte di baldoria, quando il tiranno, al culmine del divertimento, volle compiacere con la testa del profeta la sua amante incestuosa (Mc 6,14-29). Per questo Gesù fece di Giovanni Battista l’elogio più grande che si possa fare di un uomo: «fra i nati da donna non è mai sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista» (Mt 11,11). E tuttavia, Gesù stesso aggiunse: «il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (Mt 11,11). Perché questa sorprendente superiorità dei figli del Regno sui grande profeta che fu Giovanni Battista?

E chiaro che i vangeli, mettendo queste parole in bocca a Gesù, vogliono affermare che il regno di Dio è qualcosa di ben superiore e diverso da tutto quello che è e rappresenta l’Antico Testamento. In questo senso, ho già ricordato il testo del vangelo di Luca: «La Legge e i Profeti fino a Giovanni; da allora in poi viene annunciato il regno di Dio» (Lc 16,16). Ma se ci limitiamo a dire questo, non forniamo una risposta completa alla domanda posta. Poiché c’è qualcosa di molto più profondo (e di più intensamente umano) nella differenza tra Gesù e Giovanni.
Per dirla nella maniera più semplice possibile, al centro delle preoccupazioni di Giovanni Battista ci fu il peccato, mentre al centro delle preoccupazioni di Gesù ci fu la sofferenza. Per questo, a Giovanni interessava prima di tutto mettere fine al peccato. Quello che invece interessa Gesù principalmente è mettere fine alla sofferenza degli esseri umani. Ciò non significa che Giovanni aveva riposto la sua fede in Dio, e Gesù negli esseri umani. Né che Giovanni credeva nel peccato, mentre Gesù non ci credeva affatto. Il problema non sta in questo, ma, come spiegherò più avanti, nel concetto di peccato che aveva Giovanni Battista, rispetto al concetto di peccato che aveva Gesù. Con il tema del peccato avviene la stessa cosa che avviene con il tema di Dio. Tanto Dio quanto il peccato vengono intesi da ogni religione e persino da ogni persona a modo proprio, in base alla propria formazione e cultura. E sempre stato così. Per questo, nelle guerre di religione, le due parti contendenti si uccidevano a vicenda “in nome di Dio”, combattendo contro i “peccati” che offendono Dio. Ma è evidente che l’idea di Dio e del peccato non poteva essere la stessa per entrambe le parti. E quello che vale per i gruppi religiosi vale anche per la vita degli individui. Ecco perché, se varia e molteplice è l’immagine di Dio, altrettanto varia e molteplice sarà l’esperienza del peccato nei singoli individui, nei gruppi, nelle istituzioni. E inevitabile. Per questo insisto sul fatto che il problema non si può porre in termini secondo i quali Giovanni Battista era interessato al peccato, mentre a Gesù non importava.
Anche per Gesù il peccato era molto importante. Come vedremo, Gesù considerava il tema del peccato in modo assai diverso da Giovanni Battista. Per questo, e in questo senso, si può e si deve dire che la preoccupazione centrale di Giovanni fu il tema del peccato (nel senso già spiegato), mentre la preoccupazione centrale di Gesù fu il problema della sofferenza umana.
Tutto ciò ci dice, per il momento, che l’idea di peccato presente nell’Antico Testamento (nella «Legge e i Profeti») non è la stessa di quella che emerge nella vita e nell’insegnamento di Gesù. Per quanto concerne l’Antico Testamento, già Gerhard von Rad fece notare che difficilmente vi troviamo una riflessione teologica che riguardi “il” peccato come fenomeno religioso di estrema gravità. Nell’Antico Testamento riscontriamo, piuttosto, riferimenti ai diversi aspetti di vari peccati, ma sempre come azioni contro Dio. Non dimentichiamo, però, che qui stiamo parlando di Giovanni Battista. In questa sede ci interessa più direttamente, quindi, ciò che il tardo giudaismo pensava sui tema del peccato. Perché, com’è logico, è quello che maggiormente influì sulle esperienze religiose di Giovanni e sulla sua predicazione. A tale riguardo sappiamo che, nel tardo giudaismo, l’idea del peccato è in stretta relazione con l’idea della legge. Più in particolare, il peccato si concepisce come violazione dei mandati e delle proibizioni divine e, quindi, come deviazione dal retto e buon cammino. Cosicché, tra le idee sul peccato, risaltava l’aspetto di «impurità» e la conseguente necessità di «purificazione» mediante offerte e sacrifici rituali. Ecco perché, come ho affermato nel capitolo precedente, Giovanni Battista, nella sua predicazione al popolo, insiste su queste stesse idee, e lo si vede nei primi capitoli dei vangeli sinottici. (da Castello, Vittime del peccato, 54-56)
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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.