Viaggio nel cuore dell’arte

Nel centro della vita civica di Firenze, tra gli scaloni del Palazzo della Signoria e la loggia dell’Orcagna, troneggia la copia del David. La saggia decisione di spostarne la statua originale e oltraggiata dall’incuria del tempo dentro le mura protettive dell’Accademia, in un ampio salone a lei dedicata, porta i nostri passi su quelle ampie stanze ricche di tesori dello spirito umano. Il David è posto nel suo alto piedistallo che lo rende ancora più imponente. È bellissimo, quasi conturbante nella sua fiera nudità, ammirevole ovunque lo si fissi. Le fattezze perfette della statuaria classica greca rivivono nelle forme e nelle proporzioni, Michelangelo ha colto l’animo del David e lo ha trasfuso nel marmo. Perfette le sembianze, l’anatomia esterna e interna dei muscoli tesi, i particolari come nessuno mai aveva osato comporli. Posto nell’immenso salone assieme alle Quattro Prigioni della tomba di Giulio II volutamente incomplete e “non finite”, il David sembra quasi simboleggiare la vittoria dello spirito sulla materia nell’eterna lotta tra di esse, che sembra ancora in atto di svolgimento nelle quattro statue delle prigioni, dove lo spirito non riesce a emergere dall’informe materia. Il David, colto nell’atteggiamento che precede la lotta, vede il giovane concentrato sul suo mostruoso avversario, col braccio destro teso che impugna il sasso e il sinistro piegato sulla frombola poggiata sulle spalle. La torsione dei muscoli è in contrapposizione a quelli del lato opposto, cosi che il viso e gli occhi volgono tesi col lato sinistro e si mostra rilassato il lato destro, in un dinamico volgersi del tronco verso sinistra. Con questo spirito battagliero che lo contraddistingue, con questo sguardo volitivo e sicuro prima della lotta, i fiorentini vollero omaggiare la loro signoria e repubblica, pronti come il David a lottare per essa e la loro libertà. Il sommo Michelangelo superò se stesso, come nella cappella Sistina, dando prova di sé come scultore tra i più grandi dell’umanità, che seppe esprimere nel marmo opere vive e forti, perfette per grazia e stile, ancor più per spirito che li anima. L’opera scultorea di Michelangelo rimase ineguagliata, nessuno superò il maestro in potenza e maestria, sembrava quasi che l’arte e i suoi autori stessero tirando il fiato dopo aver ammirato cotanta bellezza. Ci vollero molti anni ancora prima che qualche artista potesse produrre sculture paragonabili a quelle di Michelangelo, ma non certo superiori. E intanto però allievi e imitatori spopolavano in Italia e all’estero per arredare palazzi e giardini di una aristocrazia ricca e potente, amante del bello e del “vezzo” artistico. Al Bargello invece vado ad ammirare il grande Bacco, tra altri numerosi gioielli scultorei come l’Hermes di Cellini, il Ratto delle Sabine e l’Adamo ed Eva dell’Ammannati, uno dei degni continuatori di Michelangelo. Enormi tesori riuniti in questo scrigno di gemme artistiche nella grande Sala dei Bronzi, con l’impressione che da un momento all’altro simili figure scultoree potessero animarsi nei loro alti scranni. Il turbinio delle immagini è spesso ossessivo, accattivante, talvolta molesto. Gli occhi cercano incessantemente la scoperta della figura successiva, e scorgono persino un errore di denominazione in una scultura che raffigura un toro, Nesso con Deianira rapita, come dice la didascalia. Ma Nesso era un centauro, non un toro, per cui essendo quello un toro con in groppa una fanciulla non può trattarsi che del ratto di Europa da parte di Zeus che prese le sembianze di un toro e dalle coste libiche portò Europa sul continente che da lei prese il nome. Errore imperdonabile per un museo e la sua reggente… Le ultime ore del pomeriggio che si avvia a farsi serotino li spendo per una visita al Convento di S. Marco, per vedere gli affreschi del Beato Angelico. Non ho mai nutrito ammirazione per questo monaco pittore e la visione degli affreschi ha confermato questa mia opinione. La sera ormai è scesa sull’Arno, e le luci tremolanti sembrano trasmettere la vibrazione dell’emozione della intera giornata; lo spirito si compiace di tutto questo, e gioisce nel cuore e ringrazia la Sapienza divina di questi meravigliosi doni d’amore.

 

 

 

 

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.