Uomo come noi?

R. LENAERS, GESÚ DI NAZARET. Uomo come noi? Gabrielli Editore 2017

IL CARATTERE ANTISTORICO DEI DUE RACCONTI DELLA NASCITA DI GESÚ (pp. 48-51, riassunto mio)

I due racconti di Matteo e Luca brulicano di particolari mitologici, in parte inventati e quindi assolutamente antistorici. Già il fatto che ci siano due racconti differenti, in parte contradditori, rende diffidenti.

Secondo Matteo, Giuseppe e Maria abitano a Betlemme, in Giudea.

In Luca invece la coppia vive in Galilea, a Nazaret. Gesù come potrebbe allora esser nato a Betlemme, centoquaranta km più a sud? Già il tentativo di spiegazione dell’autore è di un’ingenuità disarmante: essendo pronipote di Davide, Giuseppe doveva farsi registrare nella città di Davide, a Betlemme, per un censimento, in realtà una dichiarazione delle tasse. Qui le cose inconcepibili si moltiplicano. All’epoca della nascita di Gesù non ci fu alcun censimento di questo tipo. E Betlemme era sì il luogo di nascita di Davide ma Davide se ne era andato ben presto; la vera città di Davide era la fortezza di Gerusalemme: perché mai allora Giuseppe non si reca a Gerusalemme? E perché prende con sé Maria, prossima al parto, in un viaggio di centoquaranta km a piedi (o su asino) senza che ci fosse bisogno di accompagnarlo?

E soprattutto, perché un’amministrazione efficiente come quella romana avrebbe potuto pensare di incaricare ogni capofamiglia di registrarsi là dove mille anni prima era nato un suo antenato? E tutti i pronipoti maschi di Davide avrebbero dovuto recarsi a Betlemme? Ma quanti saranno stati, dopo 28 generazioni? (Davide, da solo, aveva 17 figli maschi…).

Anche la stalla e la mangiatoia sono invenzioni della fonte di cui fa uso Luca, così come l’angelo che annuncia ai pastori la nascita del Messia, e anche il coro angelico.

Ma se la nascita a Betlemme è un mito, lo è anche la presentazione di Gesù al Tempio il quarantesimo giorno dopo la nascita. Perché, del resto, Giuseppe e Maria avrebbero dovuto peregrinare con il figlioletto di appena sei settimane da Nazaret a Gerusalemme, cinque giorni per andare e cinque per tornare, per un rito che poteva compiere qualsiasi sacerdote ebreo del paese?

Ma neanche il racconto di Matteo ha qualcosa di storico.

A Babilonia c’erano astronomi esperti che, forse, potevano leggere nella posizione dei pianeti degli ipotetici messaggi religiosi; magari persino uno che avesse a che fare con la Palestina. Ma è concepibile che gli astrologi, dopo aver visto i segni celesti, avessero atteso due anni prima di recarsi a Gerusalemme? Ed è concepibile che Erode, tutto preso dal panico di perdere il trono, chieda da bravo agli astrologi di trovare per lui questo potenziale pretendente al trono e di usargli la gentilezza di informarlo sul luogo in cui avrebbe potuto trovarlo? Avrebbe mandato subito la sua polizia segreta nella vicinissima Betlemme, o almeno le avrebbe fatto accompagnare gli stranieri. E una stella (pianeta o cometa che sia) avrebbe mai potuto precederli e fermarsi sopra una certa casa? Se tutto questo è storicamente inconcepibile, anche la strage degli innocenti e la fuga in Egitto perdono ogni credibilità. Esse contraddicono oltretutto lo stesso racconto della nascita di Luca, secondo il quale la coppia non fugge in tutta fretta verso sud, ma torna tranquillamente a nord quaranta giorni dopo la nascita e la presentazione al Tempio.

E nonostante ciò dobbiamo sempre chiederci qual è la buona notizia che l’evangelista ci vuole dare con la sua narrazione antistorica.

La nascita di Gesù è spostata da Nazaret a Betlemme perché è una metaforica professione di fede in Gesù come il Messia da tempo atteso, che secondo la tradizione ebraica doveva nascere a Betlemme. Con la nascita verginale si vuole esprimere, in linguaggio figurato, la certezza di fede che la comparsa nella storia dell’uomo nuovo Gesù non è opera umana (ma concepito dalla ruach o Spirito, che nella tradizione biblica è la forza creatrice che riempie di vita e manda avanti l’universo) [p. 43]. L’omaggio del Magi serva a Matteo per dire che anche i pagani sono chiamati a prendere parte alla salvezza inaugurata dal Messia e saranno anzi al primo posto (vedi anche certe parabole di Gesù). L’enfasi riposta sulla stella ricorda la profezia di Balaam in Nm 24,17, sul principe che verrà da Giacobbe, dove si vedono apparire Davide e e il suo pronipote, il Messia. Con il suo racconto Matteo fa al contempo capire che Gesù è il nuovo Mosè, e in lui si ripete quello che è avvenuto con il primo Mosè: minacciato dal faraone erode, gli viene risparmiata la vita e giunge nella terra di Israele dall’Egitto, portandovi una nuova Torà, ancora più perfetta.

Mettendo in scena alla nascita di Gesù la stalla, la mangiatoia, i pastori, Luca intendeva sua volta mostrare l’opzione di Gesù per i poveri.

Questa analisi farà forse arrabbiare qualcuno. Non perché la ragione in cerca della verità si renda conto di essere in errore, ma perché l’animo assetato di sicurezza a serenità si sente insicuro e minacciato. Sia pure. Ma non ci si meravigli poi se l’uomo e la donna moderni non prendono sul serio queste narrazioni, con il rischio che nemmeno Gesù e il suo messaggio siano presi sul serio.

Roger Lenaers (n. 1925), gesuita belga; filologo classico si è recentemente interessato delle domande che la modernità e la secolarizzazione pongono alla fede cristiana (in italiano sono disponibili altri due saggi).

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.