Silvia Romano libera

Lasciatemi dire ancora qualcosa, poi mi taccio…

Il tragitto di guerra da sotto il piumone alla cucina, alle 7 del mattino, è un vero e proprio esercizio di sopravvivenza quotidiana.

Buongiorno sopravvissuti!

Finché c’è di mezzo solo il risveglio ben venga questa guerra.

Ma facciamo attenzione che rischiamo grosso ogni mattina di trovarci qualche “straniero” in casa, incazzato per una innocua barzelletta su qualche personaggio intoccabile della religione.

Questi sono i più temibili terroristi che si possano incontrare.

Non conoscono la parola spirito se non nell’accezione di fantasma.

Infatti tendono a spiritualizzare tutti i malcapitati che cadono nelle loro mire assassine, purché rei di offesa a qualche testo sacro o divinità.

Oppure perché sembra a loro che sia stato offeso il dio della loro religione sol perché uno si dichiara convertito a qualche altra religione che non sia la loro.

La paura del riso è la madre di tutte le religioni, ma per fortuna non di tutte le fedi, perché un dio che fa ridere non farebbe paura a nessuno.

Sarebbe come un uomo che a letto ridesse della propria donna o viceversa, non sarebbe un buon preludio di amplesso.

Così in nome di qualcuno che è grande, si diventa piccoli e ignobili, in nome di qualcosa che non si sa bene cosa sia: mancanza di libertà, lotta di sopravvivenza, rivalsa nei confronti dei forti, rifiuto della diversità patita sulla propria pelle.

Intanto il nostro egocentrismo, intesi come mondo Europacentrico, anzi cattocentrico fa versare lacrime sulla nostra religione dimenticata e vilipesa.

Solamente perché una giovane di 20 anni, volontaria in un remoto pezzo d’Africa per aiutare a casa loro, come predicano i baciapile del momento, gente che conta poco più di niente, è diventata musulmana o buddista, o chissà cosa.

La ragazza viene offesa e insultata con le più basse insinuazioni che mente italica, resa luminosa dalla quarantena, dal razzismo strisciante e dominante che vede nella parola Islàm solamente un terrorismo da annientare, può tirare fuori dai bassifondi neuronali.

E ci fa dimenticare che in altra parte del globo in qualche zona della terra africana, per 1 anno e mezzo quella giovane era stata prigioniera, nascosta al mondo, in compagnia dei suoi rapitori e delle sue lacrime.

E appena liberata e tornata in Italia, siamo stati capaci di occultare ai nostri occhi e ai nostri cuori la gioia di una madre che si è vista restituita la figlia.

Non abbiamo visto le lacrime, la commozione, gli abbracci, noooo.

Abbiamo solo guardato quella tunica verde, abbiamo fatto solo caso alle parole di conversione, abbiamo avuto l’occhio clinico, ma pure malvagio, di voler vedere persino una pancia gravida.

E questo perché la ragazza ha detto che si era convertita all’Islàm, cioè aveva trovato la pace, come dice la parola, in quella religione che tanto fastidio crea ai buoni cattolici, che giustamente si indignano.

E i milioni, e il riscatto ai terroristi, e allora è complice, ma perché abbiamo pagato, ma allora se era islamica perché non restava li?

Giusto, tutto giusto, se non fosse che queste indignazioni non somigliassero al nostro quotidiano percorso di guerra dal piumone alla cucina alle sette di mattina.

(GIOACCHINO LAGRECA)

/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.