PAROLA DI DIO E DOTTRINA DEGLI UOMINI

PAROLA DI DIO E DOTTRINA DEGLI UOMINI
di fra Alberto Maggi, osm – Direttore Centro Studi Biblici “Giovanni Vannucci” – Montefano
Incontro biblico tenuto a Cuneo il 30-31 maggio

La dottrina può dividere le persone, l’amore che si fa servizio può unire. La dottrina ha bisogno di formulazioni diverse quanto diverse sono le culture, l’amore che si fa servizio è un linguaggio universale che tutti possono comprendere. La dottrina si può imporre, l’amore si può soltanto offrire. Ecco perché alla base dell’unico comandamento di Gesù c’è un gesto d’amore che comunica vita all’altro. Questo è il linguaggio universale che tutti possono capire. Vedete se questa è una dottrina, una dottrina la possiamo capire noi, ma da un’altra parte della terra sarà difficile riformularla o farla comprendere nelle stesse maniere e quindi una dottrina una volta che è stata stabilita diventa già vecchia e ha bisogno sempre di nuove formulazioni. L’amore che si fa servizio viene compreso in tutto l’universo. Una carezza, un abbraccio, un bacio, un gesto che comunica vita agli altri non ha bisogno di formulazioni, ma è compreso da tutti quanti. Dice Gesù, 35 In questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni, per gli altri. L’amore quando si traduce in servizio diventa visibile. Questa manifestazione visibile è l’unico distintivo dei credenti di Gesù. Ripeto la frase di Gesù: in questo, cioè nell’amore che si fa servizio, tutti riconosceranno, sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni gli altri. Quindi l’amore che si traduce in servizio è l’unico distintivo del credente in Gesù. Ponendo l’amore che si fa servizio come unico distintivo Gesù esclude qualunque altro distintivo. Quando questo non viene compreso però si sceglie la strada del surrogato, ed ecco allora che ci sono gli stemmi, le insegne, gli abiti, le decorazioni con i quali si intende mostrare agli altri che sei in rapporto col Signore, che si è religiosi, ma non certo seguaci di Gesù. Mentre gli abiti o le insegne religiose sono legati a un determinato linguaggio culturale o sociale, l’amore che si traduce in servizio è un linguaggio universale che tutti quanti possono comprendere. Quindi l’unico distintivo che Gesù mette come segno di appartenenza a lui è un amore che si fa servizio. Allora per diventare distintivo significa che questo amore che si fa servizio è non occasionale nella vita del credente, ma un segno abituale. Allora chi è il credente in Gesù secondo questa formulazione? Quella persona alla quale sai che in ogni situazione, in ogni avvenimento della tua vita, puoi sempre ricorrere perché ti dirà sempre di sì e non ti chiuderà mai la porta in faccia. Questo è il distintivo, quindi non una occasione, una volta ogni tanto di uno che si mette a servizio, ma l’amore che si fa servizio diventa il distintivo abituale del credente in Gesù. Abbiamo detto che nell’unico comandamento che Gesù lascia, (non ce ne sono altri, questo è tutto!, nella comunità di Gesù non ci sono altri comandamenti), risalta l’assenza della richiesta dell’amore per Dio, per Gesù. L’amore di Dio è espresso nel credo di Israele, lo conosciamo tutti quanti: tu amerai il Signore tuo Dio con tutta l’anima e con tutte le tue forze, ebbene la novità proposta da Gesù non chiede di amare Dio, ma di
amare come Dio ama. Nell’amore per l’altro si rivela l’amore per Dio. Nella prima lettera a Giovanni 4,19-20 c’è una affermazione molto importante che dovremmo sempre tenere presente. Dice l’autore, noi amiamo perché Egli ci ha amato per primo. Se uno dice: io amo Dio e odia il suo fratello è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede non può amare Dio che non vede. Quindi non si può dire che ami Dio se non ami concretamente, e ricordo l’amore non è reale se non si trasforma in servizio, il fratello che vedi. Quindi la novità portata da Gesù è che Dio non è oggetto dell’amore dell’uomo, ma si fonde con l’uomo per donargli la sua stessa capacità d’amore. E’ un amore di identificazione di Dio con l’uomo che si traduce in amore di donazione. Cambia completamente l’itinerario del credente. Nella religione finora Dio era al traguardo dell’esistenza dell’individuo, cioè tutto quello che l’uomo faceva lo doveva fare per Dio, perché Dio era l’obiettivo, il traguardo dove bisognava arrivare. Allora l’amore, anche l’amore per l’altro non era tanto finalizzato al bene dell’altro, ma quanto alla ricompensa da parte di Dio. Allora si faceva tutto, e tutto il comportamento del credente era per Dio, per cui voglio bene all’altro, gli faccio bene, ma non tanto per il suo bene, lo faccio per Dio. E guardate che questo si è infiltrato anche in certa spiritualità cristiana. Quante persone alle quali costa amare che se potessero ne farebbero volentieri a meno e si tradiscono con questa espressione: ah, io lo faccio per carità cristiana, cioè se fosse per me, capirai! Lo faccio per amore del Signore, se non ci fosse l’amore del Signore. Ecco, sono eredi ancora di questo messaggio che è precristiano, dove l’uomo tutto quello che faceva, lo faceva per Dio. Ebbene, con Gesù tutto questo cambia. Con Gesù Dio non è più l’obiettivo dell’amore dell’uomo, Dio non è più al traguardo dell’esistenza dell’uomo e soprattutto Dio non va più cercato, ma è Dio che prende l’iniziativa, chiede non di essere cercato, ma di essere accolto nella vita dell’individuo. E’ Dio che prende l’iniziativa, come abbiamo detto più volte, si fonde con l’uomo, ne dilata la sua capacità d’amore per fare cosa? Non per fare una unione tra Dio e l’uomo in un soliloquio amoroso tra i due, ma per espandersi verso
l’altro. Allora, mentre prima di Gesù al traguardo della vita del credente c’era Dio, adesso Dio non è più il traguardo, ma è all’inizio, alla partenza. E’ Dio che a quanti gli dicono di sì, si fonde nella loro esistenza, ne dilata la capacità d’amore e Dio e l’uomo diventano un’unica cosa, si fondono in un’unica cosa. Questo si chiama l’amore di identificazione. Ma l’amore di identificazione è reale quando? Quando si trasforma in amore di donazione verso l’altro. Allora non Dio prende lui l’iniziativa, pur conoscendo i miei limiti, pur conoscendo le mie meschinità, pur conoscendo le mie debolezze, a lui non interessa, mi dice soltanto: accoglimi nella tua vita. Io lo accolgo, sento questa vita nuova che sgorga dentro di me, sento Dio che si fonde con me, per fare cosa? Questa stessa qualità e capacità d’amore inondala all’altro. Ma non a chi se lo merita perché Dio non mi ama perché lo merito, ma perché lui è amore. Dio non guarda i miei meriti, ma guarda i bisogni. Allora questo amore di identificazione con Dio si trasforma in amore di identificazione con l’altro e questa è la crescita di Dio. Per avere una immagine, immaginate il classico sasso lanciato al centro dello stagno, del lago. Cosa succede? Succede una serie di onde che non si richiudono nel buco lasciato dal sasso, ma una dà la spinta all’altra fino ad arrivare all’estremità del lago. Questo è Dio, un Dio in espansione, un Dio che ha bisogno di ognuno di noi perché sia questa onda ulteriore che spinga l’amore verso tutti quanti. Quindi Dio ripeto non è oggetto dell’amore dell’uomo, ma si fonde con l’uomo per donargli la sua stessa capacità d’amare. E Gesù non ha finito il discorso, Gesù sta facendo un discorso di una grande importanza, di una grande solennità; di tutto questo importante, solenne, insegnamento di Gesù c’è un discepolo che ha capito soltanto una parte che non gli sta bene e lo interrompe. Chi sarà mai questo discepolo? Ormai abbiamo capito chi sarà. 36 Simon Pietro gli dice: santo cielo, lascialo finire! Gesù sta facendo un discorso importantissimo, e nulla dice che Gesù abbia terminato il suo insegnamento, tanto è vero che poi dopo lo dovrà riprendere. Ebbene c’è un discepolo che interrompe Gesù perché di tutto quello che Gesù ha detto c’è una cosa che non ha capito e gli dice: Signore, dove vai? L’unica cosa che Pietro ha capito è che Gesù se ne va e che i discepoli non possono seguirlo. Gli rispose Gesù: dove io vado per ora tu non puoi seguirmi, mi seguirai più tardi. Pietro animato da questo desiderio di supremazia, di importanza per adesso non può seguire Gesù, ma lo comprenderà più tardi.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.