Nessun profeta

Non ho mai fatto grandi viaggi da bambino o adolescente, Avevo la fissa che dopo la maturità classica avrei voluto visitare l’antica Grecia, che ho sempre sentito come mia madre patria spirituale. Ma non è ancora stato esaudito tale desiderio.

Però all’età di 9 anni ho fatto il mio primo viaggio lontano da casa.

Andammo a Palermo ospiti in una famiglia di amici dei miei zii.

Avevano l’abitazione annessa ad un grande edificio scolastico, essendo loro i custodi, in una zona periferica del capoluogo.

L’ aperta campagna che spaziava attorno mi compensava della soffocante calura che il mese di luglio dispensava come era sempre solito fare a pieni mani alla città palermitana.

Potevo correre coi cani e giocare a pallone col figlio di quei signori, Raffaele credo si chiamasse.

Ho un ricordo ben nitido della mia visita turistica veloce nelle escursioni cittadine giornaliere.

Cosi ebbi modo di gustarmi la vista del teatro Massimo chiuso da poco, siamo nel 1967, del Politeama, la Cattedrale, i mercati famosi per le loro mercanzie e per i borseggi.

E la festa di santa Rosalia, coi fuochi d’artificio, la vara, la folla… .

Ricordo come ero emozionato per il primo 45 giri comprato in una baracca di giocattoli ( cosi si chiamavano gli stand).

Il polipo scaurato con limone a pezzetti mangiato alla Vucciria fu per me la scoperta più gustosa di Palermo.

Ma quello che destò la curiosità e una specie di ammirazione nei miei familiari e compagni di viaggio fu una mia esclamazione all’epoca quasi impertinente e che adesso potrei definire profetica.

Ero in macchina con i miei zii e il domus che ci ospitava, e stavamo rientrando a casa sua di sera.

Passammo davanti al tribunale, poco distante dal teatro Massimo, e da li poi in corso Finocchiaro Aprile avremmo raggiunto la zona nord della circonvallazione e la casa che ci ospitava.

La vista del colonnato del tribunale e lo stile austero e imponente visto molto da vicino, all’epoca niente sbarramenti o misure di sicurezza, e si passava proprio sotto l’ampia scala di ingresso con l’auto, scatenarono in me soggezione e senso di rifiuto.

Stavano con me le persone che avrebbero segnato la mia vita presente e futura, legando a loro insaputa il mio destino a quelle mura pesanti e dure da sopportare.

Guardavo meravigliato, e con parole uscite chissà come e perché esclamai con tono dimesso e potrei dire rassegnato le seguenti 5 parole: Ecco il palazzo dell’ingiustizia.

Una frase accolta dai presenti con ilarità e complimenti per l’acuta osservazione, che risuonò nelle loro battute e racconti per molto tempo ancora, finché non venne sepolta dalla coltre dell’oblio.

Ricordo benissimo l’imitazione che ne faceva mia zia e le compiaciute parole con cui descriveva l’episodio. Uno dei motivi del mio nitido ricordo.

Faceva cosi: scuotendo la testa lentamente e un poco lateralmente, ripeteva quelle parole non senza un sapore di malcelato dispiacere, che però stridevano con la piega sorridente della sua bocca. E ripeteva quel : ecco il palazzo dell’ingiustizia…

Poi tutti come era logico scordarono quel piccolo episodio. Ma non io.

Oggi ne posso cogliere quasi il significato di una prolessi.

Una anticipazione del destino a me riservato da quelle persone che mi erano accanto e volevano che le sentissi vicino e amorevoli.

E i sorrisi ammirati e divertiti coi loro commenti sulla mia ” arguta battuta ” adesso sembrano risuonare di beffa continua.

Oltre che di danni perennemente attaccati alla mia esistenza e al mio modo di essere .

Fui profetico come solo occhi puliti e disincantati e cuore puro di bambino potevano essere.

Vorrei si rivoltassero nella tomba a coprirsi le orbite vuote con le scheletrite mani vedendo come hanno ridotto quel bambino…

5,0 / 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.