E i discepoli salgono in Galilea, “sul monte che Gesù aveva loro fissato” (Mt 28,16)
Gesù non aveva indicato alcun monte: aveva chiesto ai discepoli di andare in Galilea, ma senza indicare il luogo preciso dove incontrarlo. Quella dell’evangelista non vuole essere un’indicazione topografica, ma teologica, non vuole indicare un luogo, ma una realtà.
L’articolo determinativo indica che quel monte è già conosciuto, e non una montagna qualunque. È il monte dove Gesù aveva proclamato le beatitudini (Mt 5,1).
Sul monte delle Beatitudini l’evangelista vuole dare una precisa raccomandazione affinché i discepoli, e tutti i credenti in Gesù, possano sperimentare nella vita quotidiana il Risorto.
L’accettazione delle Beatitudini, che sono i nuovi comandamenti che la comunità deve mettere in pratica, sono la porta di accesso alla parusia-presenza del Risorto.
L’esperienza di Gesù vivente passa quindi non più solamente attraverso l’accettazione della vecchia legge mosaica dei comandamenti del Sinai, ma attraverso la nuova legge fondata sullo spirito di amore che Gesù ha promulgato, novello Mosè, sul monte delle Galilea.
La scelta di queste otto beatitudini, di cui la prima è la porta di ingresso nel regno, accettare di essere poveri per lo Spirito, permette a tutti di fare l’esperienza della Resurrezione, ottenendo quella pienezza di vita che sola ci permette di attraversare indenni la morte.
La scelta di esse rende possibile ai credenti di ogni tempo di realizzare il regno di Dio in terra, così come recita il Padre nostro (Mt 6,10), e di essere puri di cuore in modo da vedere Dio ( Mt 5,8).
“Situando su questo monte l’incontro dei discepoli con il Risorto, l’evangelista intende mettere in relazione l’accoglienza e la pratica delle beatitudini con l’esperienza della risurrezione. È infatti la scelta volontaria della povertà quella che permette che il regno dei cieli sia una realtà presente e non una speranza futura (Mt 5,3)” A.Maggi.
I discepoli, fuggiti per paura, o rinnegato il loro maestro al momento dell’arresto, verranno radunati nella nuova comunità del Cristo vivente, e l’annuncio del Kerigma della resurrezione sarà fondativo della nuova comunità. Passeranno anche essi attraverso l’infamia della persecuzione ma sanno che quello è ciò che Gesù aveva predetto per loro: beati i perseguitati per la giustizia perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10).
La fede della comunità dovrà essere capace di superare la prova, facendo appello anche alla forza che solo lo spirito del Padre può infondere ad essa, “Non abbandonarci nella prova” (Mt 6,13).