La stupidità del potere

Scrivo questo articolo per mettere a punto un quadro che sulla resurrezione di Gesù va facendosi sempre più chiaro, perché man mano progrediscono gli studi sulla esegesi dei testi sacri e la loro ermeneutica, vanno crollando uno ad uno pregiudizi e idee preconfezionate. Qui si cerca di mettere in evidenza come la Resurrezione, descritta da sempre in maniera apologetica e miracolistica,  non sia stata il punto di  riunificazione dei discepoli dispersi dopo la morte in croce del loro Maestro, semplicemente perché tale diaspora e abiura nei suoi confronti non ci fu mai ( l’esempio di Pietro e del suo rinnegamento va inquadrato nella incomprensione sulla figura del messia che dall’inizio alla fine caratterizza il rapporto  tra Gesù e i suoi).  Altrimenti oltre che traditori essi sarebbero stati degli stupidi, come il potere che condannando a morte i profeti e i giusti non zittisce le loro voci ma  anzi  offre il destro all’azione di Dio per  esaltarli e glorificarli.

Dice Alberto Maggi nel suo bell’articolo su “Oscar Romero, icona e simbolo dei martiri per la giustizia e la verità”, che il potere è proprio “stupido” ogni volta che  è messo di fronte alla verità. Quando ormai Erode , che ha  donato la testa del Battista a Salomè, figlia della concubina Erodiade, pensava di poter dormire sonni tranquilli, avendo messo a tacere la voce accusatrice del profeta, ecco che sorge un altro  a cui il Battista non era degno di allacciare i sandali, lui messia di Israele annunziato sulle rive del Giordano. Sentendo parlare di Gesù, Erode si spaventa e teme che colui che  aveva fatto decollare sia tornato in vita per fargliela pagare, visto che era anche capace di fare prodigi, al contrario del Battista. “Questa è la stupidità e l’impotenza del potere: non sa che quando soffoca una voce, il Signore ne suscita una ancora più potente di quella eliminata. Ma i potenti sono stupidi (“Lo stolto è stato posto a coprire alte cariche”, Qo 10,6). Lo stupido nella Bibbia non è colui che è affetto da deficit mentale, ma colui che pensa solo alla propria convenienza immediata (Lc 12,20; Mc 7,22), che è appunto la caratteristica dei potenti, i quali, come denuncia il profeta Isaia, sono “cani avidi, che non sanno saziarsi, sono i pastori che non capiscono nulla. Ognuno segue la sua vita, ognuno bada al proprio interesse, senza eccezione”, Is 56,11). Per questo la stupidità spinge i potenti a perpetrare l’errore di eliminare ogni voce che sia loro contraria o che denunci il loro comportamento” ( A.Maggi).

Anche Gesù fa una brutta fine. Il potere nelle vesti di Caifa e Pilato lo condanna e lo crocifigge. Mettendo a morte colui che denunziava la decadenza delle istituzioni religiose e della trasformazione del Tempio in luogo di meretricio consacrato a Mammona,  i Sommi Sacerdoti credono di cancellare definitivamente la loro colpa agli occhi del popolo continuando il loro losco traffico, nascondendo la vera ragione del loro esistere: l’interesse personale e l’arricchimento alle spalle del popolo. “Gesù non è morto perché questa fosse la volontà di Dio, ma perché era la convenienza della casta sacerdotale al potere: “Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!” (Mt 21,38). E ammazzano il Cristo. Stupidità e impotenza del potere. Pensavano di aver soffocato definitivamente la voce del Cristo e distrutto il suo messaggio, invece l’hanno amplificato”. ( A.Maggi). Anche la morte di Oscar Romero, altro esempio di stupidità del potere, è servita ad amplificare il suo grido di libertà dalla oppressione militare e politica dell’America del Sud. Cosa che magari non sarebbe avvenuta con tale risonanza se il vescovo fosse morto di morte naturale.

Il potere è stupido si diceva. Nel vangelo questo filo logico porta a delle conseguenze, come fu quella della grande espansione del cristianesimo fuori da Israele dopo la morte di Gesù e dei primi martiri, come Stefano,  perseguitato con la comunità di Gerusalemme e in seguito lapidato. La morte di Gesù  fu un grave scandalo. Inquadrata nella visione della fede nella resurrezione, essa fu causa della dispersione e della perdita della fede in Gesù da parte dei suoi discepoli. Si è sempre pensato in questo modo, leggendo dell’atteggiamento dei discepoli dopo la croce, per giustificare con un grande evento straordinario e miracoloso come la resurrezione, il ritrovarsi riuniti nella stessa fede che avevano perso e smarrito. Quindi lo scandalo della croce come motivo di perdita della fede; la resurrezione il grande evento che ne permise il ricostituirsi come gruppo. Ma questa ipotesi suggestiva e apologetica che ancora trova ampio consenso nella teologia, comincia a mostrare le sue crepe e la sua illogicità. Appare già a prima vista molto ingeneroso e irrazionale il tradimento e l’abbandono del loro maestro da parte dei discepoli nel momento della sua cattura e morte.  Proprio loro che vissero molti anni accanto a lui, che condivisero il pane, videro le sue opere, la sua bontà in azione attraverso la quale si manifestava la misericordia di Dio, ucciso proprio per questa fedeltà allo Spirito d’amore del Padre, come avrebbero potuto tradirlo e rinnegarlo proprio nel momento in cui lui innalzato attirava tutti a sé e li amava fino alla fine, con quel gesto estremo?  “Sarebbero stati autentici mostri sul piano psicologico e una vergognosa eccezione sul piano storico” (A.T. Queiruga). E’ naturale infatti che ogni qualvolta muore un leader per la sua causa e le sue idee, i suoi seguaci e il suo prestigio ne escono naturalmente rafforzati. Nella Bibbia succede coi Maccabei e col Battista, tanto che i seguaci di quest’ultimo rivaleggiarono a lungo con quelli di Gesù. Così le cronache di Giuseppe Flavio riportano, senza manomissione cristiana alcuna, che dopo essere stato condannato a morte (Gesù) i suoi amici che lo avevano amato prima lo amarono ancor di più. Lo stesso succede oggi: forse che i seguaci di Gandhi, Luther KIng, Oscar  Romero hanno abbandonato questi uomini dopo la loro morte?  Certo nel momento cruciale delle persecuzioni e in quei giorni che seguirono la crocifissione, i discepoli si nascosero, si mimetizzarono, magari fuggirono. Ma questo significa avere buon senso, intelligenza, spirito di conservazione…. I tempi migliori non sono solo quelli escatologici, ma anche quelli che permettono di salvare il salvabile. Non per questo bisogna accusare i discepoli di codardia e vigliaccheria, perché le narrazioni pasquali non vanno prese alla lettera né hanno bisogno che venga rispettata  pedissequamente il loro schema apologetico. Ripulita la mente da questi preconcetti, la morte in croce assume un ruolo nuovo e determinante per cercare di capire la successiva resurrezione. TALE MORTE NON POTEVA INFATTI ESSERE LA CONCLUSIONE DEFINITIVA. Esisteva già nel substrato culturale e religioso di Israele, e anche nei popoli fuori di esso all’epoca, la convinzione della vita dopo la morte ( a tal proposito solo la casta dei Sadducei prendeva in giro tale teoria ).  Ed era vivo anche il sentimento verso i profeti uccisi e dei martiri che come il giusto sofferente dovevano essere resuscitati “ek nekròn” dai morti. Diventa dunque consequenziale affermare come la turpe morte in croce applicata verso colui che era la bontà personificata, sia diventata la base esperienziale su cui fondare l’aspetto ugualmente eccezionale della sua resurrezione. Se Gesù fosse morto tranquillamente in un letto di serena vecchiaia abbiamo il diritto di pensare che la coscienza dei discepoli e dei credenti  avrebbe maturato più lentamente i frutti  del suo operare che invece di li a pochi anni quella STUPIDITA’ del potere degli erodiani e dei Sommi Sacerdoti rese impellente e invincibile. Al punto da fargli sconfiggere la morte. Ma sulla resurrezione diremo oltre…..

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.