LA RESURREZIONE DI LAZZARO. da una conferenza di p. ALBERTO MAGGI 4

LA RESURREZIONE DI LAZZARO. da una conferenza di p. ALBERTO MAGGI
Gesù non resuscita i morti, ma è venuto a comunicare ai vivi, una vita di una qualità tale, capace di superare la morte. Gesù chiede a Marta se crede in questo: “Credi tu questo? Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo” – prima sapeva, adesso “crede” , c‟è un passaggio, una crescita nella comunità – “che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”.(Gv. 11,27). Prima Marta credeva che Gesù fosse un profeta straordinario, chiede a Dio. Adesso capisce che Gesù è Dio sono un‟unica cosa. “Sei il figlio di Dio che deve venire nel mondo”.
“Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: “Il maestro è qui e ti chiama”.(Gv. 11,28). Perché Marta va a chiamare Maria di nascosto? Abbiamo visto che è una comunità che gode della simpatia delle autorità religiose. Perché? Fintanto che Gesù è ritenuto un profeta non c‟è nessun problema, ma quando la comunità arriva a credere che Gesù e Dio sono la stessa cosa si scatena la persecuzione. Quando Gesù di fronte al Sommo Sacerdote riconoscerà di essere il figlio di Dio, il Sommo Sacerdote si straccia le vesti e dice: “Bestemmia”. Quando la comunità riconoscerà che in Gesù si manifesta la pienezza di Dio, incomincia la persecuzione. Qui l‟evangelista l‟anticipa. Fintanto che la comunità credeva Gesù profeta non c‟è alcun problema,quando comincia a comprenderlo come figlio di Dio, comincia la persecuzione. “Quella udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui”.( Gv. 11, 29). L‟arrivo di Gesù toglie Maria dall‟immobilità , dalla paralisi in cui giaceva. Ecco siamo alle battute finali, c‟è un crescendo e l‟evangelista arricchisce ogni termine. Gesù non era entrato nel villaggio. Gesù non era entrato e non entra. Il villaggio, il luogo della tradizione, il luogo della morte non può vedere la presenza di Gesù. Per vedere Gesù bisogna uscire dalla tradizione e dal luogo dei morti. Il vangelo di Luca quando le donne arrivano al sepolcro trovano gli angeli che dicono: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo”. Questo bisognerebbe scriverlo in ogni cimitero . Se crediamo che la persona è viva, la cosa più inutile è il cimitero. “Gesù non era ancora entrato nel villaggio, ma si trovava ancora nel luogo”- il termine luogo nel vangelo di Giovanni è usato per indicare il tempio. Quando Caifa decide di ammazzare Gesù dice: “Perché non vengano i Romani e ci distruggono il luogo (il tempio). L‟evangelista vuol dire che la presenza di Gesù è l‟unico santuario dal quale si irradia la vita e la gloria di Dio.
Non c‟è più un edificio in muratura, ma c‟è una persona vivente. “..nel luogo dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei che erano in casa con lei a confortarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: “Va al sepolcro per piangere là”. ( Gv. 11,30-31). Ora per ben tre volte ci sarà la ripetizione del verbo piangere – e il numero tre sta ad indicare la completezza – e adesso vedremo il significato di questo verbo. L‟unica cosa che sanno fare i Giudei è pensare alla morte, è pensare a piangere. Credono sì alla resurrezione nell‟ultimo giorno, alla fine dei tempi, ma quella non è una consolazione. Seguendo la discepola, escono anche loro dal villaggio, si incontrano con Gesù. “Maria, dunque, quando giunse dov’era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!“ (Gv. 11, 32). Maria si rivolge a Gesù quasi esattamente come Marta , solo che Marta ha detto: “Non sarebbe morto mio fratello”. Invece Maria mette l‟accento su ”mio fratello non sarebbe morto”. Mette in primo luogo il ricordo di Lazzaro. La ripetizione del rimprovero a Gesù, sottolinea che questo è il sentimento forte della comunità. Ĕ una comunità che chiede a Gesù: “Ma tu dove eri nel momento del bisogno”. “Gesù allora quando la vide piangere – e qui notate non c‟era bisogno della sottolineatura del verbo piangere – e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei,” – Maria piange, piangono i Giudei e il verbo piangere viene ripetuto tre volte – “ con lei,” – e qui c‟è un verbo che non è facile tradurre, io lo traduco all‟anconetana –“sbuffò”. Il verbo greco indica un atto energico, indignato, con il quale si vuol reprimere o il sentimento proprio o l‟azione altrui. Potremmo dire fremette, ma fremette non dà l‟idea. Gesù sbuffò. Gesù sbuffa perché non tollera che venga fatto il cordoglio funebre, disperato per Lazzaro. Esattamente come ha fatto nell‟altra resurrezione, alla casa della figlia di Jairo, dalla quale cacciò via tutti quanti. Gesù sbuffa perché non tollera che la sua comunità, Maria e Marta, siano senza speranza come i Giudei che credono nella resurrezione alla fine dei tempi. “e turbato disse: “Dove l’avete posto?” Gesù dice :”Dove voi l‟avete collocato”. “Gli dissero: “Signore vieni a vedere”. (Gv. 11,33-34). All‟inizio del vangelo quando i primi discepoli gli avevano chiesto: “Gesù dove abiti”. Gesù ha detto:”Venite e vedete”. Era il luogo della vita. In bocca ai Giudei è il luogo della morte. Gesù incomincia a prendere le distanze e ci avviciniamo al cuore del racconto. Vedrete che l‟interpretazione ce la dà lo stesso evangelista, dandoci delle chiavi di lettura, delle indicazioni che ci fanno comprendere il significato di questa lunga narrazione. Ĕ uno dei pochi casi, nel vangelo, in cui un singolo episodio occupa tanto spazio. Abbiamo visto che per ben tre volte l‟evangelista ha detto che Maria e i Giudei piangono. Adopera un verbo che traduciamo con piangere, che significa il lamento funebre, che indica la disperazione. Perché è vero, credevano che ci sarebbe stata la resurrezione alla fine dei tempi, ma questo non era occasione di consolazione ma di disperazione. Sia Maria che i Giudei piangono, fanno il lamento funebre che indica la disperazione per qualcosa che è irrimediabile. Continuiamo la nostra lettura e siamo al versetto 35. “Gesù cominciò – e qui l‟evangelista sta attento all‟uso esatto dei termini e non si sbaglia e non adopera il verbo piangere, come purtroppo qualche traduttore fa, ma adopera un altro verbo che significa letteralmente lacrimare. Qual è la differenza? Mentre Maria e i Giudei piangono ed esprimono la disperazione per qualcosa che non è più, Gesù non piange, non esprime la disperazione, però lacrima ed esprime il dolore. Ĕ molto importante questa distinzione tra i due verbi, che indica l‟esatto comportamento che si deve avere nei confronti della morte. Quando muore la persona cara non ci sarà la disperazione come per chi sa che tutto è finito e non c‟è nessuna speranza. Naturalmente c‟è il dolore, perché fisicamente, concretamente, quella persona che accarezzavamo, che coccolavamo non esiste più. Continua la vita, ma in una maniera differente.
Questo è importante, perché Gesù non è un alieno che di fronte alla morte canta: Alleluia, alleluia! come in certi gruppuscoli si suole fare. Di fronte alla morte non c‟è disperazione, ma senz‟altro c‟è il dolore. Atteggiamenti alleluiatici di fronte alla morte degli individui sono fuori posto. Non c‟è la disperazione, ma c‟è il dolore. Un dolore sereno che naturalmente permane. Se prendiamo questa lettura – e al termine sarete voi che dovrete decidere che scelta fare – dal punto di vista storico, cioè letterale, ci si chiede: “Ma perché Gesù piange, o lacrima”. Perché Gesù perde il tempo a lacrimare quando sa già che resusciterà Lazzaro. Vedete è una incongruenza. Se Gesù veramente rianima il cadavere, ma perché piange, perché perde tempo a piangere! Perché Gesù non è venuto a rianimare un cadavere, ma a liberare la comunità dall‟idea della morte – che adesso vedremo – e le lacrime di Gesù mostrano il suo dolore e il suo affetto per questo discepolo amato.
“Dissero allora i Giudei: “Vedi come gli voleva bene!”Non capiscono. Per loro l‟azione è al passato, non capiscono che l‟azione di Gesù di amore, di affetto per il discepolo non viene interrotta dalla morte,ma continua dopo la morte. “Ma” – e qui l‟evangelista ci dà già un anticipo di quello che Gesù starà per fare – “alcuni di loro dissero: “Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse!”.(Gv. 11,37). Nella guarigione del cieco Gesù aveva ripetuto le stesse azioni del creatore. Il creatore, secondo il libro della Genesi, impastò del fango e fece l‟uomo. Nella guarigione del cieco nato, Gesù con la saliva e della terra fa del fango e lo spalma sugli occhi del cieco nato. L‟evangelista vuol dire che ora Gesù completa la creazione, facendo rendere conto alla comunità qual è la vera creazione. La vera creazione non termina, come quella di prima, nella morte, ma in una vita che è capace di superare la morte. “Intanto Gesù ancora fremendo “– o per gli anconetani ancora “sbuffando” –“si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra”.(Gv. 11,38). Sono delle indicazioni superflue. Per noi sapere com‟era questo sepolcro, non ci aiuta più di tanto per comprendere la resurrezione, ma non per l‟evangelista. L‟evangelista dice che era una grotta . Perché adopera il termine grotta? Il termine grotta, letteralmente spelonca, è lo stesso che nel libro della Genesi, si adopera per la grotta, per la caverna, dove vennero seppelliti i tre grandi padri del popolo di Israele, Abramo, Isacco ,
Giacobbe e con le loro mogli. Si rifà alla tradizione di Israele. L‟evangelista dicendo che il sepolcro era una grotta, significa che Lazzaro è stato seppellito alla maniera giudaica. La maniera giudaica era che il morto si riuniva con i suoi padri. La comunità non ha compreso la novità di Gesù e lo ha seppellito alla maniera giudaica “e contro vi era posta una pietra”. Per ben tre volte nella narrazione compare il termine pietra. Ricordo che il numero tre significa completo. Mettere contro una pietra, significa la fine di tutto. L‟espressione che adoperiamo nel nostro linguaggio”metterci una pietra sopra“ deriva da questi usi funerari. Quando metti la pietra sopra è finito, non c‟è più nessuna speranza.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.