La morte secondo Carlo Molari

Dice don Carlo Molari…
Se la morte è il traguardo finale della nostra esistenza, ed è innegabile questo, essa ci offre pure i 5 criteri per orientare il cammino della nostra vita spirituale e terrena
1 chi sono diventato io attraverso quello che vissuto? Non importano le cose che abbiamo fatto o accumulato, ma chi sono diventato, vivendo questa esperienza? questo fallimento, questa calunnia, o questo successo?
2 La morte ci chiederà di abbandonare tutto, di aver imparato a distaccarci dalle cose, dalle persone, dalle situazioni, perché dovremo abbandonare tutto.
3 La morte ci chiederà di partire in solitudine, ma pieni di presenze. Ci chiede perciò di vivere i rapporti in modo tale da portarci gli altri dentro, senza condurli con noi per mano. La persona ha bisogno sempre più di interiorizzare presenze. Esse costituiscono la nostra risorsa, perché noi diventiamo attraverso i rapporti.
4 l’oblatività, cioè la capacità di donare vita. La morte ci chiederà di consegnare tutto, persino il nostro corpo che ci è servito per diventare noi stessi. Tutto dobbiamo restituire, tutto dobbiamo diffondere intorno a noi.
5 – l’abbandono fiducioso. La morte ci chiederà di essere così capaci di fidarci della vita da saperla perdere per ritrovarla. E’ l’atto supremo di fiducia.
Siamo un vuoto sempre riempito, siamo un nulla che viene all’esistenza dall’energia creatrice. Non siamo noi ad offrire, a donare, ad amare, ma è il bene che in noi diventa amore
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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.