LA COSTRUZIONE DEL GIUDIZIO MORALE

LA COSTRUZIONE DEL GIUDIZIO MORALE ( Vito Mancuso)
In base al fatto che esiste un’«autonomia delle realtà create», il documento della Commissione Teologica Internazionale può giungere ad affermare che «in morale la pura deduzione per sillogismo non è adeguata». Sono parole molto importanti. Se si vuole essere cattolici nel vero senso della parola (e non nel senso politico-bacchettone assunto spesso dal termine a causa del clericalismo imperante) non si possono prendere i principi morali del cattolicesimo e applicarli per sillogismo alle situazioni concrete. Non lo si può fare. Chi lo fa non si comporta secondo il vero spirito del cristianesimo, che è conoscenza e pratica della mediazione perché si ha a cuore il bene reale della persona reale, sempre singolare e concreto come singolare e concreta è la persona; chi lo fa si comporta secondo lo spirito della superstizione e del fanatismo, che non guarda alla concretezza della situazione perché non ha a cuore il bene reale della persona ma solo il rispetto formale degli statuti dell’autorità, cioè il potere, solo il potere.
Da quanto detto emerge la logica del retto giudizio morale. Esso si costruisce tenendo sempre presenti due pilastri: i principi morali e la situazione concreta. Il giudizio morale è il ponte che collega questi due pilastri nel modo migliore possibile, per creare la migliore armonia, la migliore giustizia, il migliore benessere per il soggetto alle prese con la sua specifica situazione, ogni volta unica com’è unica la persona. Collegando i principi morali alla situazione concreta si ottiene il vero giudizio morale, il quale, nella luce della sinderesi, si formula all’interno della coscienza personale e come esercizio della coscienza personale. Solo così si produce un’azione morale degna di uomini liberi, e non di devote pecorelle o di zelanti soldatini.
La morale quindi consiste nella coniugazione tra l’altezza dei principi e le strade concretamente percorribili. Tra i due pilastri però non vi è perfetta simmetria perché, come insegna Tommaso d’Aquino, «quanto più si scende nei particolari tanto più aumenta l’indeterminazione», passo così commentato dalla Commissione Teologica Internazionale: «In morale la pura deduzione per sillogismo non è adeguata. Quanto più il moralista affronta situazioni concrete, tanto più deve ricorrere alla sapienza dell’esperienza, un’esperienza che integra i contributi delle altre scienze e cresce al contatto con le donne e gli uomini impegnati nell’azione. Soltanto questa saggezza dell’esperienza consente di considerare la molteplicità delle circostanze e di giungere a un orientamento sul modo di compiere ciò che è bene hic et nunc». San Tommaso specifica persino che tra le due conoscenze che formano il giudizio morale, cioè i principi dottrinali da un lato e la situazione reale dall’altro, se proprio si deve privilegiare qualcosa «è preferibile che questa sia la conoscenza delle realtà particolari che riguardano più da vicino l’operare». E tenendo presente questa sapienza della tradizione cattolica in materia morale che si spiega la svolta, timida ma reale, intrapresa alla fine del 2010 da Benedetto XVI. (“Obbedienza e libertà”).

/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.