Il Messia universale
L’immagine messianica che Gesù offre ai suoi discepoli, di un messia non violento che instaurerà, non un regno di ISRAELE nazionalistico basato sulla forza e sul dominio dei popoli, ma il Regno di Dio basato sull’amore e donato a tutti universalmente, e per di più destinato a morire sul patibolo della croce, crea sgomento e incredulità tra i suoi e molti lo abbandonano.
Il desiderio di un trionfo terreno impedisce loro di comprendere il messaggio di Gesù, e fedeli alla loro ideologia nazionalista, essi vogliono il loro Messia individuale, che agendo con la forza del potere metta fine all’ingiustizia e vendichi gli oppressi.
“Non entra loro in testa quanto Gesù insegna, che cioè l’esistenza di una società nuova e giusta (tappa storica del regno di Dio), in cui non ci sia il dominio dell’uno sull’altro, non può essere opera di uno che si impone, ma responsabilità di tutti in quanto uguali (messianismo condiviso). Non ci sarà una società nuova senza promozione umana di tutti e responsabilità di tutti”. (Juan Mateos).
Il regno di Dio non si realizza per miracolo e calato dall’alto, non si manifesterà con clamore suscitando stupore, ma agirà in sordina e in silenzio, come il seme che germoglia.
E non sarà maestoso come Cedro del Libano, bensì umile e modesto, molto utile, come l’albero di senape che dà riparo e riposo a tanti uccelli tra i suoi rami fronzuti.
E alla costruzione del regno devono partecipare tutti coloro che accolgono la parola di Gesù, e la fede che egli come Figlio dell’Uomo si augura di trovare è proprio questa, vedere i suoi eletti impegnati gratuitamente nella edificazione del regno e non ghermiti dagli interessi del mondo e del proprio egoismo.