Il Cristo non è altri che il personaggio storico Gesù di Nazareth: né sacerdote, né rivoluzionario politico, né monaco ascetico, né pio moralista, egli è un provocatore in tutte le direzioni.
Non divulgò una teoria teologica, né predicò una nuova Legge; non annunciò se stesso, ma il regno di Dio:
la causa di Dio (= la volontà di Dio), che è destinata ad affermarsi e si identifica con la causa dell’uomo (= il bene dell’uomo).
Per il bene degli uomini Gesù relativizzò di fatto istituzioni e tradizioni consacrate: Legge e culto.
La fine violenta di Gesù rientrò nella logica di questo suo impegno per Dio e per l’uomo. La sua passione, espresse la reazione dei garanti della Legge, del diritto e della morale al suo non-violento operato: la morte in croce diviene compimento della maledizione della Legge, e Gesù il rappresentante dei trasgressori della Legge, dei peccatori. Egli muore abbandonato dagli uomini e da Dio.
Ma la morte di Gesù non segnò la fine di tutto.
Questa è la fede della sua comunità:
il Crocifisso vive presso Dio per l’eternità – come speranza per noi. Risurrezione non significa ritorno alla vita spazio-temporale, e neppure continuazione della vita spazio-temporale, bensì assunzione in quella realtà imperscrutabile e onnicomprensiva, ultima e prima, che noi chiamiamo Dio”. (Hans Kung)