E’ un argomento spinoso e complicato, e non si può certo chiudere con un discorso semplice e conciso. Ma due concetti chiari si possono pure esprimere in proposito. Perché è così complicato parlare di giustizia e amore? Ma perché si affrontano due temi che stanno su due piani non sovrapponibili, poiché per parlare di amore usiamo termini e categorie divine e trascendentali, per giustizia categorie umane e immanenti. L’amore-agape non è possibile senza la spinta divina dello Spirito, l’uomo non riuscirebbe neanche a concepirlo. E infatti fu Gesù che per prima ne parlò e lo mostro nei fatti della sua vita, e non solo a parole. Dio, la cui essenza e sostanza è amore, e che esercita tale amore nella energia creativa estrinsecando e mostrando se stesso nell’Incarnazione, diventa forza attiva amando nel Figlio e con lui l’uomo. La giustizia divina è l’osservanza a questo processo d’amore, perché Dio non può non essere quello che fa. Se ama, la sua giustizia si esplica amando, non in astratto, ma in concreto nel Figlio, e di conseguenza nella creazione tutta che è riassunta nel Cristo cosmico. Se la giustizia di Dio si esprime come coerenza a sé stesso, e quindi come fedeltà alla essenza ontologica di Dio che è amore, Dio giudicherà con questa misura, “nella misura in cui giudicherete sarete giudicati”. Cioè il metro sarà l’amore: se avrete amato sarete giudicati secondo amore. E così la sarà l’annullamento della vita dell’essere di colui che non ha amato.