Fa testo la costituzione “Sacrosanctum Concilium” che riordina la celebrazione eucaristica e i sacramenti, assieme a tutti gli altri momenti liturgici. Tale costituzione chiama il popolo dei fedeli« stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo acquistato » (1 Pt 2,9; cfr 2,4-5), ha diritto e dovere in forza del battesimo di partecipare alla liturgia. Il nostro Salvatore nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue, onde perpetuare nei secoli fino al suo ritorno il sacrificio della croce, e per affidare così alla sua diletta sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua resurrezione: sacramento di amore, segno di unità, vincolo di carità [36], convito pasquale, Fermi restando i principi dottrinali stabiliti dal Concilio di Trento [40], la comunione sotto le due specie si può concedere sia ai chierici e religiosi sia ai laici, in casi da determinarsi dalla sede apostolica e secondo il giudizio del vescovo”. Questo è un succo del contenuto dei numerosi articoli presentati nella costituzione. Nulla cambia rispetto alla visione del Concilio di Trento, le innovazioni riguardano la lingua che non è più il latino, e il modo di celebrare e rendere partecipe il fedele a tale”sacrificio”. Tutto resta centrato sul “sacrificio della croce” in remissione dei peccati del mondo, e il sacramento della penitenza è importante e funzionale alla comunione; se non si è in grazia di Dio non ci si può accostare al sacramento; ecco perché sono esclusi da esso alcune categorie. Come dire che se l’ammalato è grave è inutile chiamare il medico, non lo si cura!
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