La Legge e i Profeti

 

L’Antico Testamento, di cui la parte più corposa e importante è costituita dal Pentateuco, credo che ormai sia universalmente riconosciuto e accettato che non fu scritta da Mosè. I cinque libri che lo compongono, Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, infatti furono composti sicuramente in epoca post esilica. Sarebbe  scellerato cercare la storicità  e l’autore in Mosè.

Naturalmente parlare di opera post esilica significa risalire al periodo della presa di Gerusalemme da parte degli Assiri babilonesi.

Nel 587 A.C Nabuccodonosor  distrugge Gerusalemme, capitale del regno di Giuda, al sud del paese, superstite alla caduta del regno di Samaria nel Nord del paese nel 722 A.C,  e gli ebrei furono deportati in Babilonia e vi rimasero per più di 40 anni.

Al ritorno in patria si scontrarono con gli ebrei locali e con le  popolazioni che vi avevano preso possesso, e sorse un lungo periodo di conflittualità interne, risolte con il sopravvento degli esuli. Come spesso accade la storia viene scritta dai vincitori, e gli esuli si fecero carico della ricostruzione di Gerusalemme. Non soltanto la città e il Tempio vennero ricostruiti secondo le esigenze degli esuli, ma anche l’intera comunità.

Due furono gli imperativi della ricostruzione: era indispensabile che la comunità ritrovasse le sue radici nel passato, poiché per tradizione culturale ciò che era antico aveva più valore del nuovo. In base a questa logica si ricostruiva la città antica ma non una nuova, proprio per mostrare la continuità col passato.

In parole povere, gli esuli fecero opera di restaurazione: si provvedeva a ricostruire la stessa Gerusalemme antica, nello stesso paese, sotto la guida dello stesso Dio che  la tradizione e le fonti antiche della religione degli ebrei riportavano come il Dio della promessa ad Abramo, rinnovata poi ad Isacco e Giacobbe.

L’altra esigenza fu instaurare le antiche tradizioni in modo da farle accettare a tutti, vecchi e nuovi.

Il Pentateuco sembra rispettare questo ordine di cose:  come nella città di Gerusalemme il nuovo si sovrapponeva all’antico, anche i libri che lo compongono contengono parti più antiche che si integrano, anche se non perfettamente, alle parti più recenti.

In un lavoro instancabile e lungimirante dei redattori della fase post esilica che hanno conciliato le incongruenze letterarie, storiche, integrando le parti, correggendo ma non togliendo i passi più antichi di valore più elevato dei passi recenti, arricchendo le lacune, modificando ove possibile senza intaccare il senso di ciò che veniva tramandato da anni di storia dal primo regno israelitico, quando Samaria e Giuda erano unico paese unito, da nord  a sud. 

A molti tradizionalisti o fondamentalisti della Scrittura sembra che la storia faccia paura, la vedono come la relativizzazione dell’assolutezza di Dio, che ha contrassegnato la storia umana solo con la sua Rivelazione, e qualunque interpretazione delle Scritture che non sia quella della sua rivelazione e volontà è fuorviante e sbagliata.

Credo sia inutile per altri ricordare invece che la Bibbia come tale ha cominciato a vedere la luce letteraria ed essere  scritta intorno all’ottavo secolo A.C. Vi sono  narrati episodi leggendari e mitici, storicizzati in cui si intrecciano le vicende  di allora del popolo ebraico, con dei fatti leggendari che servono a dare grandezza e dignità ad un popolo che aveva perso tutto. E che aveva necessità di ricostruirsi attorno ad un nucleo fondante quale il Tempio e il culto ad unico Dio, da cui discendeva una Legge che univa quel popolo nell’obbedienza e nella osservanza di quella legge attribuita a quel Dio.

Il Dio della promessa, stipulata con Abramo di Ur, che veniva mantenuta nonostante le colpe di un popolo che spesso, molto spesso si era allontanato da Jawhè e per questo aveva conosciuto l’onta della sconfitta, dell’abbandono in terra straniera e dell’esilio.

Questa concezione punitiva verrà definitivamente abbandonata quando Israele riconoscerà che Dio ha sì stipulato una promessa col suo popolo, ma non ritiene che sia importante che il popolo mantenga la parola data al suo Dio. Essendo unilaterale tale patto o testamento, Dio non punirà più Israele per le sue mancanze.

E’ un capovolgimento totale della teologia veterotestamentaria, che aveva visto spesso Dio nei panni del vendicatore delle offese ricevute. E tale immagine sarà definitivamente cancellata dalla venuta al mondo di Gesù di Nazaret che verrà a mostrare il volto di un Dio Padre misericordioso, che mai si offende per le mancanze dei suoi figli. Ma li ama nonostante le continue fughe in avanti, che come quel popolo, li portano ad adorare spesso vitelli d’oro e idoli di ferro e bronzo. Che risuonano e tintinnano, ma sono vuoti perché non hanno la carità dei figli di Dio.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.