E’ così?

LA LIBERTA’ E’ LA GESTIONE DEL PROPRIO SE’ FUORI DALLE CATENE DELLA NECESSITA’ (di Gioacchino la Greca)
La libertà non è disporre a proprio piacimento e interesse delle situazioni che ci coinvolgono direttamente e delle persone che sono avviluppate in tali interessi.
Quella è gestione personale per fini propri e per calcoli interessati, senza tenere conto delle altrui esigenze.
Libertà è qualche cosa d’altro, è esplicare in pieno l’esercizio della propria ragione e dei sentimenti personali, mettendo in primo piano l’esigenza dell’altro che ci sta di fronte, indossando i suoi panni, e svestendo i nostri, spogliandoci del nostro pletorico e prepotente Io egoista.
Si tratta in altri termini di uscire dal proprio sé e relazionarsi con l’altro al di la di ogni interesse personale, ma per essere per l’altro.

E’ difficile certo, non è semplice, ma questo vuole la coerenza dell’esercizio della libertà.
Uscire dal terreno delle necessità contingenti, al quale l’Io ci tiene legati, a penalizzare le soddisfazioni di tale necessità, uscire fuori da una dimensione chiusa, limitata, personale, e “librarsi”, entrare negli spazi della Libertà, fuori dalla necessità e dalle sue catene, del cibo, della riproduzione, della scala sociale.
Se dobbiamo essere liberi non dobbiamo sottostare a queste tre catene, se decidiamo di servirle e assoggettarci ad esse.ogni scusa è buona per rompere qualsiasi legame e relazione , ma non mettiamo in campo la libertà.
Quanto piuttosto le catene della necessità.
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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.