Lc 13,31-35 La gallina e la volpe

Dal Vangelo secondo Luca

‡ In quel giorno si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».
Egli rispose: «Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme. Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa vi viene lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».

Gesù è diretto a Gerusalemme per portare a compimento lo scontro con le autorità religiose del Tempio, i quali ormai hanno decretato la sua morte, e come lui stesso annuncia del suo battesimo che deve  ancora ricevere ( Lc 12,49-53). Alcuni Farisei, gli si avvicinarono e lo mettono in guardia da Erode. Mentre precedentemente altri Farisei lo avevano minacciato quando gli ricordarono che Pilato mise a morte i galilei ribelli ( Lc 13 1-9), questi invece gli si mostrano amici. Così come aveva rintuzzato l’avvertimento mafioso dei primi, raccontando della torre di Siloe, adesso rifiuta l’aiuto dei secondi. Gesù dice loro di riferire a quella volpe di Erode,  Gesù identifica Erode con l’animale più insignificante nella cultura di allora, non simbolo di astuzia, ma di stupidità. Erode è uno stupido, come stupido è il potere e lo sono tutti quelli uomini che credono di assoggettare gli altri uomini con la forza, mettendo a tacere le voci che si alzano contro di essi accusandoli della loro superbia. Nonostante i profeti vengano uccisi e lapidati, dal loro sangue  sorgeranno altri profeti che continueranno ad accusare e a gridare contro  il potere e chi ne abusa per sottomettere. E Gesù non si oppone con la forza e con immagini che la rievocano. Egli ha mostrato il volto di un Dio misericordioso e compassionevole, non quello di un Dio onnipotente, forte, di cui bisogna aver timore o paura. Se l’immagine di Dio ci fa paura, allora non è il Dio di Gesù. E’ questo è qualcosa di sconvolgente. Quando noi leggiamo il Vangelo, dovremmo sempre inserirlo nella cultura dell’epoca. Come viene rappresentato Dio? Con l’aquila. Quasi tutte le case imperiali regnanti, nello stemma hanno l’aquila. E’ un animale che incute soggezione e timore. L’aquila era l’immagine di Dio, un’aquila che possente si  libra nel cielo e sorveglia la sua nidiata di cuccioli, e guai a chi si avvicina. Ebbene Gesù, in polemica con questa immagine, nel Vangelo di Matteo e quello di Luca, quando piange su Gerusalemme, sulla rovina di questa città che in mano ai Sacerdoti e agli scribi ha rifiutato il Dio che si era loro presentato (venne tra i suoi ma i suoi non l’hanno accolto (Gv 1,11) dice: Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli … Gesù dice…come una gallina raccoglie i pulcini (Mt 23,37; Lc 13,34). Ci voleva veramente la fantasia di un Dio per identificarsi con una gallina. Gesù di più non può fare: adesso gente mia arrangiatevi. E’ un’altra lamentazione su Gerusalemme che riprende quella di Matteo, La città avvolta nelle tenebre e nella paura fin dalla sua nascita viene compianta da Gesù. Se ancora, nonostante tutto questo continuate ad avere paura di Dio, per voi non c’è più speranza. La vostra casa, dice ancora Gesù, rimarrà deserta: cioè la casa di Israele non parteciperà del regno di Dio, non vi abiterà il Risorto e lo Spirito che comunica amore, perché avete rifiutato ogni annunzio di Dio, ogni sua proposta d’amore. Dio si manifesta in una gallina, non in un’aquila. E’ una immagine scandalosa. Gesù deve essere stato considerato un bestemmiatore: lo sforzo di Gesù è di togliere dall’immagine di Dio qualunque aspetto che possa incutere paura.  Dio è amore, un amore liberatore che si mette a servizio degli uomini senza escludere nessuno, che perdona continuamente tutte le colpe degli uomini, un Dio che potenzia l’uomo, non lo limita, e che chiede un solo permesso: lascia che io mi possa fondere con te per donare a te la condizione divina. Il Dio di Gesù non è il dio della paura, del timor di Dio che tanto inorgoglisce i ferventi devoti della religione terroristica, ma incoraggia, non spaventa le persone, le rafforza. Dio è  un Padre che in ogni circostanza, in ogni situazione della vita è presente, e con forza e tenerezza ci sussurra alle orecchie: Non ti preoccupare, fidati di me. Questa è la fede, affidarsi completamente a chi sovviene ai nostri bisogni prima ancor che lo chiedessimo. Gesù ci assicura che Lui, Dio, è qui presente. E quando Dio è presente in mezzo ai suoi è per servirci, per purificare da tutte le scorie che possono essere presenti nella nostra esistenza, per eliminare tutto quello che impedisce una accoglienza piena, crescente e traboccante del suo spirito d’amore e soprattutto per fondersi con lui. Lui è qui presente e chiede a noi il permesso di entrare nella nostra vita per potenziarla e fonderla. Non farci sordi come Gerusalemme al richiamo dei profeti.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.