Lc 23,35-43 Cristo re

La festa di Cristo Re

 

LA VITTORIA DEI PERDENTI

 

GESU’ CRISTO RE DELL’UNIVERSO (Lc23,35-43)

 

La regalità di Gesù si comprende solo alla luce della sua morte in croce, per questo non può esser confusa con quella dei sovrani della terra che la esibiscono mediante gli emblemi del prestigio e del potere. Appeso al patibolo come un malfattore e spogliato da ogni forma di dominio, gli unici attributi che Gesù riesce a mostrare sono quelli del suo amore gratuito e incondizionato.

Nel processo davanti a Pilato, Gesù è stato accusato dalle autorità religiose di volersi proclamare “re dei giudei”, e queste sono riuscite a ottenere dalgovernatore romano la sua condanna a morte. La sorte che Gesù sta per subire dimostra la totale incompatibilità della sua persona con le attese del popolo riguardo alla figura del Messia Re. Costui doveva manifestarsi con forza e potenza, per sconfiggere i nemici della nazione d’Israele e ristabilire la giustizia mediante l’osservanza della Legge di Mosè. Con le loro false accuse i capi del popolo gettano il discredito su Gesù che, inchiodato sulla croce, apparirà agli occhi di tutti come un maledetto da Dio.

Il popolo, sottomesso all’autorità dei dirigenti, non si pronuncia, ma guarda incuriosito l’esecuzione di un innocente. La scena, dove Gesù in croce subisce l’assalto dei suoi avversari, richiama quella delle tentazioni del satana nel deserto (Lc 4,1-13). In quell’occasione il tentatore aveva invitato Gesù aessere un Messia di successo ponendosi sotto le sue direttive. Ora, sul luogo della crocifissione, si fanno avanti altri tentatori, che dimostrano la stessaideologia di un messianismo trionfante e sfidano Gesù a salvare la pelle. Sono le autorità religiose, figura del satana, a ridicolizzare Gesù, vittima della sua impotenza e del suo essere stato abbandonato da tutti, perfino da Dio. Non può essere vero un Messia impotente che muore in croce. La burla dei capi religiosi serve a convincere tutti che Gesù altro non è che un impostore.

Anche i soldati si burlano di Gesù, coloro che sono al servizio del potere di Roma non possono comprendere che un re si faccia ammazzare senza difendersi. La derisione dei soldati è accompagnata dal loro odio mortale, rappresentato dall’aceto, verso chi non oppone resistenza alla violenza umana. La scritta attaccata al palo verticale della croce è un’ulteriore conferma di tutto lo scherno di cui Gesù è oggetto, in forma dispregiativa è stato scritto: “Il re dei giudei è questo”. L’umiliazione subita da Gesù è accentuata dalla presenza dei due malfattori crocifissi accanto a lui. Di questi, uno si associa allo scherno dei dirigenti e dei soldati, e lo insulta. Se Gesù è incapace di salvarli da quell’atroce tortura si vede che la sua pretesa di essere il Messia è completamente falsa. Per la terza volta si ripete l’idea di fondo che caratterizza la scena e che accomuna capi religiosi e delinquenti insieme: la salvezza consiste nel mettere in salvo la vita fisica. Per loro è impossibile comprendere che la vita si salva solo spendendola a favore degli altri

Paradossalmente, sul patibolo dei condannati si manifesterà l’unica regalità che Gesù accetta e che svuota di significato gli attributi del potere e della grandezza umana. Mentre i re della terra dominano con la forza, Gesù si è mostrato come colui che serve (Lc 22,27) e la sua forza è quella dell’amore che non cerca il proprio interesse, ma il dono di se stesso. Egli è un re che non vuole sudditi ma collaboratori, persone che gli assomiglino nell’impegno di comunicare vita.

La regalità di Gesù non si impone, ma si realizza solo su quelli che liberamente l’accettano, come dimostra l’unico personaggio che ha uno sguardo lucido, capace di scoprire nella persona del crocifisso il vero re:è uno dei malfattori crocifissi con Gesù che, nonostante l’apparente fallimento, riconosce la sua innocenza e confessa il suo messianismo. A lui Gesù, re senza insegne del potere, offre il suo dono: “oggi sarai con me in paradiso”. Gesù, che non è venuto a chiamare i giusti ma i peccatori (Lc 5,32), mostra i frutti di questa missione nella sua morte. La vita eterna non è rimandata alla fine dei tempi, ma si inaugura nel momento in cui l’amore di Gesù si manifesta con tutta la sua potenza. Il paradiso non è riservato a un gruppo di eletti ma è aperto a quanti, come il malfattore inchiodato sul patibolo, si mettono dalla parte di un perdente. Costoro ottengono la vittoria ed entrano nella vita. Al contrario, quelli che contano sulle proprie forze e rifiutano il modello di umanità che Gesù propone sono i veri perduti della storia e vanno incontro alla rovina totale.

Gesù morente in croce parla del paradiso come luogo dove la vita fiorisce superando la morte. Solo in questo momento culmine della sua vita Gesù adopera tale espressione, per far comprendere a chi lo riconoscere (e di fronte alla derisione dei capi e dei soldati), in cosa consiste la qualità del suo amore. Il paradiso non è il premio da meritare (il ladrone non ne ha alcuno) ma il dono con il quale il Signore vuol far capire alla persona umana quanto ci tenga alla sua felicità. La storia umana, iniziata con il racconto della creazione e della visione del giardino dell’Eden, raggiunge il suo culmine al termine della vita terrena di Gesù quando egli parlerà di nuovo del Giardino / Paradiso. Se nella Genesi l’uomo era stato cacciato dal giardino a causa del suo peccato, nel racconto della crocifissione di Gesù l’uomo è accolto nel paradiso/vita piena nonostante il suo peccato. Le porte del “paradiso” restano spalancate per accogliere quanto riconosceranno Dio come signore della vita e nessuno si senta escluso…Dio non caccia l’uomo da nessun giardino, ma ha sempre cercato, proprio al contrario, di poterlo portare all’interno di esso… la volontà del Padre è vedere la felicità dei suoi figli. Di questo abbiamo preso coscienza con Gesù, è Lui che ci insegna a leggere la storia secondo il disegno di pienezza del Padre.

Ricardo Pérez Márquez

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.