SIAMO IN CRISI E NON CE NE ACCORGIAMO

FRATELLI CHE AMATE L’INTER, non questa squadra per carità, l’Inter come storia, come leggenda, come squadra che ha fatto innamorare del calcio milioni di ragazzi in età prescolare per tenerla sempre nel cuore tutta vita. Dicevo, la nostra squadra precipita nel baratro, ma non è solo insolvenza tecnica e insipienza tattica. Qua possiamo cambiare allenatore ogni partita, comprare tutti i presunti campioni del mondo, ma se non si riassettano la società, i programmi e i dirigenti, noi non vedremo mai la luce di uscita da questo tunnel. Fateci caso, i nostri giocatori non spremono sudore, non commettono falli, non si dannano quando l’avversario gli sfugge, non aiutano il compagno in difficoltà. Il calcio è un gioco d’assieme, il compagno si deve intendere con chi ha vicino, agire di concerto, scattare al momento giusto dettando il passaggio a chi tiene palla, rincorrere l’avversario e pressarlo assieme al compagno vicino. Avete mai visto qualcosa del genere? Si chiama spirito di squadra e di sacrificio, quello che fa di 11 solisti un assieme amalgamato di forza e compattezza, che spaventa gli avversari e il pubblico ostile solo con lo sguardo degli occhi. Questi sembrano svagati, come se dovessero giocare una amichevole ferragostana, non si parlano, non litigano fra di loro perché sanno che nessuno è immune da colpe e quindi non c’è chi può ergersi a stimolatore e leader. Sappiamo tutti perché succede questo, ormai il calcio lo conosciamo anche nelle sue sfumature psicologiche, e sappiamo che in una squadra quando manca la progettualità tutti tirano a campare alla belle e meglio. Un giocatore che non è certo se parte a gennaio o giugno, un altro che vuole l’aumento se no va dove lo coprono di milioni, altri che sanno di avere chiuso con l’Inter e aspettano la fine della stagione per andare altrove, mi dite che cazzo di impegno devono mettere in partita? Qualche volta giocano con l’orgoglio e finché reggono tengono testa agli avversari, tal’altra con un poco di culo di Eupalla raggiungono i risultati, ma le squadre vere anche se molto meno blasonate ce le suonano di santa ragione se non nel risultato quantomeno nel gioco. Il capolavoro di questa assurda stagione parte già dalla fine dell’altra: non avendo raggiunto la champions league, molti giocatori volevano andare via, ma siccome siamo rimasti senza allenatore fin dalle prime battute di mercato non si è saputo e potuto  programmare una campagna acquisti ammirevole se non nei soliti colpi ad effetto che finora risultano “a salve”.Io credo che una via di uscita certa l’abbiamo: appena gli organigrammi societari saranno al completo, si stila la lista dei partenti che devono assicurarci le giuste entrate economiche. Se non si vogliono creare contraccolpi, la lista deve rimanere segreta tra Pioli da confermare subito per la prossima stagione, e il presidente. Ausilio non ne deve sapere niente, deve essere un uomo di fiducia di Zhang a trattare all’estero le cessioni: Handanovic, Murillo, Santon, Nagatomo, D’Ambrosio, Kondgbia, Eder, Miangue, Gnokuri, Ranocchia, Jovetic, una squadra praticamente, che non ci servono e sostituirli con 4, dico 4 top player, che le possibilità economiche ci sono. Si tratta solo di avere i giusti osservatori e mediatori di mercato. Per adesso tiriamo a Natale, speriamo in 3 prossimi punti, per arrivare a 50 e salvarci gloriosamente.

Noi per il resto non possiamo che dire AMALA PAZZA INTER, AMALA11130151_10206994668044072_4595216802968353445_n

/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.