Cosa è il peccato?

Cosa è il peccato? Tutti abbiamo una esperienza intima del male compiuto nella nostra vita, perché la limitazione di essere umani porta al male e perché siamo liberi di farlo. Il peccato sinonimo di male, nella religione, è stato simbolizzato con tre parole: macchia, colpa, offesa. La MACCHIA, conserva in sé un senso di magico, e indica una sensazione di sporcizia, ci si sente sporchi dentro: con ciò non siamo nel campo religioso, ma della superstizione. La COLPA, non è una esperienza religiosa, ma pienamente umana, che si compie e commette per paura di perdere l’amore degli altri (Castillo), per cui è una esperienza difensiva, psicologica, che non ha niente a che vedere con Dio. L’OFFESA, noi possiamo offendere Dio, oltre che noi stessi e il prossimo? S. Tommaso diceva che l’uomo ha la possibilità di offendere Dio. Ma Dio è trascendente, è in un altro ordine di realtà, non può essere proiezione del desiderio di potere illimitato dell’uomo, di felicità senza limiti. Così l’uomo ha costruito una realtà di Dio contraddittoria, perché se Dio ha a che fare con questo mondo, dirigendolo, non è senza limiti ma deve fare i conti con altri dei. Dice S.Tommaso che Dio non si offende, ma può essere offeso da noi solo quando facciamo il male contro noi stessi. Tutto il male descritto nelle Sacre Scritture è un genere letterario, metaforico, per spiegare come l’uomo può peccare e fare il male, agli altri e a se stesso. Nell’Antico Testamento ci sono indicati tre comandamenti che riguardano Dio, sette che riguardano il prossimo. Nei vangeli, Gesù sistematicamente ignora i primi tre comandamenti mosaici, che riguardano Dio, e richiama sempre gli altri sette. Nella lettera ai Romani 13, S.Paolo ricorda gli stessi sette comandamenti, per regolare i rapporti umani e comunitari. Chi è che deve concedere quindi il perdono? L’offeso, cioè l’altro uomo, il prossimo, non certo Dio. La teologia e la liturgia, però partono da un grosso errore e da una grande bugia: io ho offeso Dio, e lui deve perdonarmi, facendo sacrifici e penitenze, magari digiuni e preghiere. Ma non è così! Se l’offeso è l’altro uomo, il perdono deve essermi concesso dall’altro, non dall’alto. Quindi il sacramento della penitenza così come è strutturato e fondato, è una impostura, non è valido, perché concede ad alcuni uomini un potere grande, ai sacerdoti, che non possono e non devono entrare nella intimità della coscienza delle persone, a volte devastandola perché vi si muovono con l’accortezza dell’elefante in un negozio di Swaroski . La confessione è uno strumento di potere dei preti che non lo vogliono perdere, un potere che concede agli uomini una falsa tranquillità, risolvendo problemi che non esistono, cioè il rapporto  “ALTERATO” con Dio, che non soffre in cielo per questo, ma soffre per le persone che soffrono a causa nostra,  nel mondo. E’ per queste persone che versano nella ingiustizia, nella sofferenza, causate dallo sfruttamento, dalle oppressioni, dalla bramosia di potere e ricchezza di molti uomini nei confronti di altri loro simili, che dobbiamo chiedere tutti perdono. Quando andiamo dal confessore non andiamo per fare penitenze, ma per chiedere consigli, chiarire dubbi. Non dobbiamo pensare che abbiamo offeso Dio e quindi siamo colpevoli, e con 3 Pater Ave gloria abbiamo risolto e possiamo stare tranquilli. MAI! QUESTO è IL MESSAGGIO DEL POTERE, DEL CONTROLLO, DELLA SOTTOMISSIONE. Bisogna invece riconciliarsi con la Parola e attraverso essa riconciliarsi con il fratello al quale abbiamo arrecato offesa. Riflettiamoci, non affidiamo ad un prete QUALSIASI la nostra esistenza spirituale, ma cerchiamo di rimetterla all’amore del prossimo, sicuri di assecondare l’amore di Dio e rendere efficace il perdono che già prima di chiederlo Dio ci ha concesso, perdonando e facendoci perdonare, dagli altri e agli altri nostri simili, le colpe commesse e subite.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.

Una risposta a “Cosa è il peccato?”

  1. Il centro della dottrina della Chiesa è il “peccato”, una vera e propria ideologia nata dal bisogno di spiegare l’esistenza del male nel mondo e che ha creato una mentalità ben precisa, provocando quelle che Castillo chiama “vittime del peccato”, persone che pensano tutto in funzione del peccato. Si comprende come tale modo di pensare abbia creato una vera forma di schiavitù da cui ci si può liberare con una idea chiara di peccato. Esso è dire no alla maturazione umana nella dimensione dello spirito, che è il nostro compito nella vita. E’ quindi una nostra diminuzione o meglio è rimanere nella situazione di umanità grezza con la quale nasciamo. Non è allora disubbidire ad una legge o ad un comandamento. Gesù parla di “via” da seguire, cioè di “percorso” da fare per raggiungere la nostra giusta dimensione di umanità. Di questa ideologia fa parte anche la teoria del “peccato originale” che avrebbe introdotto il male nel mondo, avrebbe fatto cadere l’uomo dalla situazione di perfezione con la quale sarebbe stato creato e diffuso la morte tra gli uomini. Ma non basta perchè si pensa che Gesù “sia venuto sulla terra con l’incarico di redimerci da questo tipo di peccato” per calmare l’ira di Dio. Siccome il peccato originale non esiste, poiché non è esistito nessun Adamo e nessuna Eva e siccome noi non siamo stati creati perfetti, ma dobbiamo “divenire” tali, la “venuta” di Gesù e la sua morte in croce hanno un altro significato molto più importante e serio, che si introduce, in modo significativo e perfetto, nella visione evolutiva della creazione.

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