che minchia guaddi?

Conscio del brutto carattere del soggetto, il pittore ha voluto sottolineare con finezza psicologica la frase che campeggia in alto a dx. La risolutezza dello sguardo, profondo e truce quasi, da incutere timore agli astanti, e il gesto perentorio della mano a cucchiaio, che sembra quasi muoversi nell’aria, sospesa come è a mezza altezza nel fondo scuro dell’abito del misterioso personaggio. Il quale incurante di chiunque potesse sostare davanti a lui in soggezione e ammirazione, invia con lo sguardo magnetico quel messaggio non tanto ermetico: “che minchia guardi?” che detto da un siciliano ad un altro potrebbe provocare una serie di reazioni più o meno violente a partire da una risposta spontanea del tipo: “sta’ minchia!” E da li una serie di improperi e spinte, fino alla classica coltellata che potrebbe chiudere ogni discussione. La maestria pittorica dell’autore del piccolo dipinto, ha saputo tratteggiare con accuratezza i tratti fisionomici del classico siciliano che occupa un ruolo importante nella società del tempo, contraddistinto dal classico copricapo a turbante per niente sgualcito. Vista la sua posizione egli può ben permettersi di guardare dall’alto in basso chi gli si pone innanzi, e davanti alla insistenza e alla curiosità che danno fastidio, può ben pronunciare la domanda imperiosa, che è un invito palese a girare i tacchi e andare a rompere i cabbasisi da un’altra parte.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.