Alzati e va’, sei guarito

Tornato da una giornata di lavoro, in due riprese però.
Gente che soffre, altri no.
Persone come tutti lo siamo: chi chiede, chi ottiene.
Chi pretende, e non detiene.
Sono stanco adesso, perché sento il male.
Lo vedo, lo tocco, lo odoro, puzza di dolore, di sofferenza.
Vorrei guarirli, tutti.
Come faceva il maestro: fanciulla. alzati! Talita Kum!
No, non è perché non abbia la fede oppure non ho il potere del Maestro.
Nessun potere in realtà.
Lui guariva perché amava.
Maestro, insegnaci ad amare.
Anzi, Signore insegnaci a non amare solo noi stessi.

In questo siamo maestri, è vero!
Ecco perché non li alzo dal lettuccio, ecco perché non si smuove l’acqua della piscina di Betsaida.
Signore insegnaci a non amare soltanto i nostri, quelli che ci appartengono, bianchi e belli come noi.
La razza italica, bianca, pura, ma non limpida, torbida come acqua di stagni putridi, come acqua di cisterne screpolate. Invece voglio bere acqua limpida di fonte, quella della vita.
E’ possibile?
No, finché ameremo quelli che ci amano.
Non fanno così anche i pagani?
Che meriti ne vorremmo acquistare?
Vorresti forse dire a quel gelso di andarsi a piantare in mare?
O al paralitico : i tuoi mali sono sanati, alzati e cammina!
Non credo che sia mancanza di fede.
Quella almeno quanto un grano di senape penso di averla.
E’ l’amore che mi manca.
Ci manca, quello necessario per amare coloro che nessuno ama: i neri, i gialli, gli extracomunitari, che muoiono di guerra senza aver meritato di morire di guerra.
I profughi, gli immigrati, che muoiono di fame senza aver meritato di morire di fame.
I barboni sotto i portici che muoiono di freddo senza averlo meritato.
Signore, insegnaci a pensare agli altri.
Anche quando gli altri pensano male di noi.
E pensano che possiamo odiarli, essere prevenuti, malpensanti.
Insegnami a non vedere la pagliuzza.
Insegnami a guarire dalla trave del mio occhio.
Facci come tuoi discepoli, degni di essere come te.
Certo non più grandi.
Ma insegnaci ad essere come loro, a farci carico di una croce.
Insegnaci che l’amore, quello vero, non è a buon mercato.
Ma va imparato sul campo, nella vita.
Senza compromessi, né diplomazia.
Chi ama è coraggioso.
Non teme di dire: alzati e va, sei guarito!
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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.