Getty Museum, Los Angeles
Opera tarda del pittore mantovano, che tra Mantova e la corte estense ormai vedeva svolgersi la sua opera come massimo pittore di corte, libero però di esprimere la sua arte e il suo pensiero. Questa composizione risente delle influenze degli artisti e delle correnti pittoriche che a Mantova transitavano in gran numero. E cosi dagli arazzi fiamminghi, dalla pittura di Piero della Francesca, di Benozzo Gozzoli e Giovanni Bellini, il Mantegna sapeva trarre spunti di gran pregio artistico. L’opera mostra sei figure come ormai il mantovano ci ha abituati a vedere con le sacre Conversazioni o le Madonne coi santi. Lo spazio è racchiuso ma non angustamente, dal braccio destro della Madonna che porge il bambino, e la spalla sinistra del re adorante in primo piano. La fisionomia del bambino benedicente è graziosa e non inquieta come tante altre del genere, anche se quel panno bianco che lo avvolge in parte sembra richiamare sempre il sudario del sepolcro e farne intravedere la fine. La Madonna è genuinamente bella e gentile, con ricchi abiti della nobiltà estense, mentre è sicuramente facente parte dell’arredo delle porcellane di Isabella d’Este la tazza in primo piano di porcellana blu, che potrebbe essere cinese o persiana, mentre gli altri due vasi sembrano tagliati nel diaspro e nell’agata. Quindi pietre preziose, veri gioielli da collezione, degni di una “Camera delle Meraviglie” come venivano formandosi all’epoca, nelle quali i ricchi sovrani raccoglievano tesori anche culturali, come miniature e libri antichi, provenienti da tutto il mondo.