LA FEDE NUOVA

fides et ratio di gioacchino la greca CREDERE NONOSTANTE TUTTO
 

No, non è il titolo della famosa enciclica che io voglio parodiare, ma proporre una riflessione, spero utile, su cosa intendiamo specialmente noi credenti con questi due termini: fede e ragione. Abitualmente alla luce del nostro credo cattolico la nostra fede si esprime in atti devozionali rivolti verso immagini e di obbedienza ad un contenuto di fede esposto nella dottrina del magistero che ne è custode. Il magistero cattolico tramanda e custodisce così, sentendosi investito da missione e compito divini, una Rivelazione ormai fissata immutabilmente in codici, leggi e precetti. Tutta o gran parte della teologia è rivolta apologeticamente e acriticamente alla spiegazione e alla sistematizzazione di questo sapere sacro, rivelato una volta per sempre nelle Sacre Scritture, riducendo così l’azione dello Spirito paraclito promesso da Gesù ad una sorta di avvocato difensore della immutabilità della dottrina. In altre parole si vorrebbe lo Spirito Santo salire in cattedra solo per esplicare, ai sapienti del magistero o al papa rappresentante di Cristo in terra, in maniera chiara e forte quello che è stato scritto nella Bibbia senza alterarne forme e contenuti. Ne deriva che la fede cattolica si risolve in una sorta di “fissismo” e “provvidenzialismo” in cui Dio ha creato una volta per tutte e definitivamente l’uomo e” tutte le cose visibili e invisibili”, fermando e bloccando la sua azione creatrice in tal senso, salvo poi contraddittoriamente affermare che egli interviene provvidenzialmente a mutare il corso degli eventi con atti miracolosi  e salvifici in tal senso. La posizione “fissista” della fede coltivata da gran parte dei credenti assomma in tal modo un coacervo di contraddizioni illogiche e irrazionali che allontanano coloro che credenti non sono, e alla luce di inspiegabili teorie, seppur sacre e divine, non riescono a piegare la loro intelligenza al punto di mortificarla con dogmi assurdi e precetti religiosi, specie morali, che non trovano nessun riscontro reale. Nel corso dei secoli queste difficoltà avrebbero potuto superarsi o quantomeno affrontarsi meglio, se la teologia e il magistero non avessero preteso di dare il loro avvallo alla scienza e alle sue scoprerte e alla filosofia e al suo pensiero, libero e laico, alla luce delle Sacre Scritture che mai devono essere contraddette nella sostanza, pena l’eresia ( vedi Humani Generis). Ora negli ultimi due secoli la scienza ha proposto un modello del mondo che non è più fissista e bloccato, ma “evoluzionistico”, in cui l’Assoluto divino è tale finché non entra in relazione col mondo; ma la creazione segna la fine di tale assolutezza, e l’Incarnazione ne celebra il mischiarsi col mondo e la sua immanenza. La teoria evoluzionista porrebbe fine in tal modo alla assoluta trascendenza di Dio, che avendo creato tutto in modo compiuto può ritirarsi ad ammirare i guasti prodotti da un teorico peccato originale ( punto forte o debole della teologia fissista?),e potrebbe sanare L’ASSURDA CONTRADDIZIONE DELLA PROVVIDENZA DIVINA COI GUASTI CHE ESSA PRODUCE SULLA SPIRITUALITA’ DEI CREDENTI. Un Dio provvidente che interviene a piacimento nelle cose del mondo non è assolutamente un dio giusto perché la sua azione potrebbe premiare uno e andare a discapito di un altro, salvo poi considerare miracolosi certi provvedimenti della stessa natura come la guarigione “inspiegabile” da certe malattie. Ma un miracolo che sia tale richiede un completo sovvertimento delle leggi naturali, e fino adesso non se ne è visto alcuno.  Ancora la provvidenza divina se esistesse alla maniera della fede fissista, presupporrebbe un Dio impotente di fronte al male nel mondo, visto che lo permette, oppure essendo  onnipotente  per il fatto stesso che non lo elimina lo qualifica come un dio malvagio. Come si vede sono tanti i motivi che ci portano a dissentire da un certo tipo di fede e dalla sua teologia che implicano di conseguenza una certa visione del mondo e di Dio che con la ragione hanno poco a che spartire. Allora bisogna rendere razionale il sistema e l’impianto teologico della nostra fede. Dato per certo che  LA FEDE è UNA ESPERIENZA PERSONALE PROFONDA E INTIMA CHE NON DEVE rispondere a nessun sistema filosofico o teologico, ma solo al sentire del cuore, al sentimento di fiducia col quale ci abbandoniamo a qualcuno che ci supera e ci sovrasta e del quale avvertiamo la grandezza e il bisogno, dico che  la teologia deve per forza dare conto al sistema mondo se vuole capire il mondo di Dio. Allora diamo per avverato il fatto che la teoria evoluzionista e la visione del mondo in divenire che essa offre, è la più rispondente alle esigenze di una fede che usa la ragione per volare alto. Il mondo non è stato creato perfetto e compiuto, l’ordine non ha mai regnato sovrano e non è mai stato sconfitto dal peccato originale che vi ha introdotto caos e morte. Il caos fa parte della stessa creazione, la permette e la produce, in eterna competizione con l’armonia; e Dio non è colui che crea una volta per tutte come il vasaio celeste, ma  favorisce l’evolversi e il farsi delle cose come fonte di energia vitale e primaria, nel quale la nostra visione di credenti vede colui verso il quale tutto converge e si compie. La posizione evoluzionista non accetta un peccato primordiale come origine del male e della morte nel mondo, ma il caos originario dal quale il mondo si fa e si modifica evolvendosi a costo di produrre dolore e sofferenza, che sono proprie  delle creature limitate e non finite quali noi siamo. La teoria evoluzionista non vede più il Dio provvidenziale ma accoglie l’idea di un Dio che agisce per mezzo di noi creature, che siamo quelli che determinano la storia e il corso degli eventi, liberando finalmente Dio dal fardello del male e noi uomini dalla condanna di averlo portato nel mondo collaborando con un satana diabolico. La teoria evoluzionista ci libera finalmente dalla paura della morte, perché se tutto è in divenire non è la morte la meta finale, essendo essa una tappa dell’evoluzione della vita, e tale teoria ci insegna che si arriva alla fine della tappa terrena liberi e svincolati da tutto, nulla possedendo neanche gli affetti, ma trasformando in leggerezza di spirito quello che noi abbiamo avuto e siamo stati in esistenza; perché ancora tutto è in divenire anche dopo la morte. Liberarci da una visione fissista non è solamente un compito per pochi ma un dovere del credente, affinché possa sviluppare una fede e una spiritualità adulta e matura che lo porti a considerare gli avvenimenti del mondo come le vie che la vita prende per andare avanti, e noi che siamo protagonisti degli eventi o li subiamo passivamente dobbiamo cercare di cogliere anche nelle peggiori situazioni e negatività quello che di positivo e utile esse possono trasmetterci. Fare la volontà di Dio per il credente non è accettare passivamente una “croce” ma cercare di svolgere in positivo e in senso utile anche il dolore che ci colpisce più direttamente, mai addossandolo a dio o a colpe nostre inesistenti. Quando saremo capaci di capovolgere tale visione del male accettandolo come insegnamento del bene allora saremo pronti a fare quel salto di qualità spirituale che ci qualifica come uomini dello spirito o uomini nuovi il cui nome sta scritto in cielo, come dice Luca evangelista.

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.