Apparizioni senza miracoli nel vangelo di Luca

Testimoni del Risorto, non della Resurrezione.

Come si può parlare di apparizioni dopo la resurrezione? In due modi secondo me: o fermarsi alla superficialità dell’evento, ove essendo in causa un essere divino tutto gli è possibile, e quindi non c’è da stupirsi se attraversa i muri o appare all’improvviso in più luoghi diversi contemporaneamente come potrebbe trapelare da una disattenta lettura dei vangeli.

Oppure cercando di entrare nel mistero vero e proprio della narrazione evangelica, che cerca di raccontare eventi intangibili e aldilà della ragione e della  comprensione umana con parole ed esempi che sono adatti alla razionalità comune e alle conoscenze del periodo in cui furono vergate con pagine teologiche di grande spessore.

L’evangelista Luca per esempio, nel capitolo 24, conclusivo della  prima parte della sua opera, che poi continuerà con Gli Atti, parte dalla visita al sepolcro delle donne il primo giorno della settimana. Questa annotazione temporale è importante, perché ci dice che tutto quello che d’ora in poi succederà sarà un evento nuovo, un nuovo inizio, l’inizio della nuova umanità in una nuova creazione.

Il mancato rinvenimento del corpo di Gesù sta a significare che la vecchia umanità in cui si era incarnata la Parola creatrice di Dio così come l’abbiamo conosciuta in Genesi, adesso non esiste più; il vecchio ADAMO viene sostituito dal nuovo; adesso la nuova creazione ha inizio, e sarà quella definitiva, che con la assunzione in cielo, narrata qualche versetto dopo, altro non è che la prefigurazione del destino finale degli uomini. Cioè il progetto che  Dio  fin dalla prima creazione narrata in Genesi, aveva stabilito per l’uomo: la sua divinizzazione e il ritorno nell’Eden.

Le DONNE  sono le prime testimoni, poco attendibili in verità per quell’epoca, dell’evento. Se ci pensiamo su un attimo, chi fu la prima testimone della creazione dell’uomo Adamo, se non una donna, Eva? Beh, il parallelismo non è tanto lineare, eppure nell’Eden solo loro due erano presenti, e dopo che Adamo veniva forgiato dall’alito divino, Eva creata da una costola di Adamo, è la testimone dell’opera di Dio che sta davanti  i suoi occhi.  Il giorno dopo il sabato, le donne arrivate al sepolcro trovano la pietra che era stata posta all’ingresso divelta, rimossa; inoltre non trovano il corpo da ungere del defunto, ma trovano due uomini vestiti di bianco, il volto luminoso, come due esseri celesti. Le stesse sembianze di Gesù sul monte della trasfigurazione.

La pietra enorme che chiude il sepolcro rappresenta la grande difficoltà che noi uomini abbiamo a comprendere il mistero della morte, che riteniamo abbia l’ultima parola, tanto che nell’uso comune è entrato il detto “mettere una pietra sopra” per considerare definitivamente chiuso un argomento.

  Ebbene da adesso non è più così; ora  qualcuno ha risolto per noi il difficile compito della comprensione del mistero della morte, togliendo quel macigno che rendeva definitiva la morte,  rivelandoci che essa non è la fine di tutto, ma l’inizio di una nuova e potenziata esistenza.  

Luca non vuole narrare fatti inverosimili, ma ci dà conto di ciò che succede con immagini letterarie ed emozioni tangibili, come in un film. Egli traccia  il travaglio che attraversa quelle donne, e ce lo disegna coi tratti e con le parole dei due messaggeri. Essi ricordano loro le parole che Gesù disse in Galilea, che il Figlio dell’uomo doveva soccombere ed essere crocifisso, per poi risorgere il terzo giorno.

Da vero e provetto regista cinematografico, Luca fa scorrere in immagini quello che in realtà è il pensiero che attraversa la mente e il cuore delle donne: ricordare equivale a comprendere. Esse ricordano e in tal modo capiscono le parole dette da Gesù in passato e comprendono adesso  ciò che succede, e corrono dagli undici. Questi non credettero a loro, e il più incredulo di tutti, Pietro, corse al sepolcro e vi trovò solo le bende.

Il film del racconto evangelico prosegue incalzante di immagini e sensazioni che Luca raffigura con uno stile narrativo insuperabile. Siamo nel medesimo giorno sulla strada di Emmaus. Due sfiduciati discepoli stanno tornando a Gerusalemme, la città della morte del Messia che loro volevano come quello ricordato a Emmaus, il luogo della ultima e gloriosa, seppur sanguinosa e fallita rivolta dell’ultimo sedicente messia. Si avvicina a loro uno sconosciuto, che è Gesù, ma non lo riconoscono. Perché? Luca narra sempre di un travaglio interiore di cui sono preda i due discepoli, e lo tratteggia cinematograficamente. La nuova condizione metastorica del Cristo non permette  loro di riconoscere la persona con il quale sono stati assieme molto tempo. Ma non perché era trasfigurato nella gloria, sarebbe stato sospetto in questo caso il mancato riconoscimento. Anche loro non lo conoscono perché non hanno compreso il senso di quella morte, non conoscono il vero significato delle Scritture, che  permetterebbe loro di spiegarsi l’arcano.

Ecco Gesù stesso in persona allora che spiega loro le Scritture alla luce della sua venuta. Bisogna così tenere presente l’avvenimento della Trasfigurazione quando sul monte, Gesù in mezzo ad Elia e Mosè viene indicato dalla voce del cielo come colui che doveva essere ascoltato. Solo lui ascoltate, dice la voce, e Mosè ed Elia scompaiono lasciandolo solo. Ma questo è solo un aspetto del riconoscere Gesù, un monito ai credenti di ogni tempo: non basta solamente la corretta esegesi e conoscenza delle scritture  per riconoscere Gesù risorto. Bisogna fare altro e di più, molto di più.

Quando si fermano per la CENA solamente allo spezzare il pane essi lo riconoscono, il gesto del dono, il gesto della condivisione lo rende visibile ai loro occhi: e appena questo avviene, misteriosamente Gesù scompare. Luca non vuole far compiere giochi di prestigio al Risorto, ma ci vuole dire che l’essenziale per rendere presente Gesù nella comunità, anche tra due riuniti nel suo nome, è il gesto che si compie spezzando il pane, donandoci come fece lui e come invita a fare a tutti noi.

E’ ancora una esperienza di vita della comunità quindi che esclude fenomeni allucinatori o visioni misticheggianti, perché Luca coerente con la sua linea teologica narra e  ci mostra ciò che in realtà accade nel cuore dei credenti dell’epoca, testimoni di quegli eventi. Che voglio ribadire, non hanno nulla di spettacolare e di metafisico, ma sono vicende interiori narrate con un linguaggio che è costruzione umana.

Il racconto prosegue con i discepoli riuniti che parlano delle ultime vicende accadute ai due sulla strada di Emmaus, e di come essi lo riconobbero dopo  che fu spezzato il pane. Un continuo richiamo di Luca ai gesti comunitari eucaristici che rendono il Risorto presente nella sua comunità.  Gesù all’improvviso appare in mezzo a loro, non ha bussato, non ha attraversato muri e porte, semplicemente ” sta ” in mezzo alla sua comunità. Credono di vedere un fantasma, ma fantasma  egli non è. Egli mostra i segni della morte in croce, le mani e il costato feriti. E’ un altro gesto significativo: la vita data per amore dei suoi amici sulla croce, si rende visibile nei segni della morte. Il Risorto si manifesta quando la sua comunità esercita un amore pari al suo. Una esperienza che è reale, perché se esercitiamo l’amore i suoi benefici sono reali e immediati, e sappiamo che così si rende reale e manifesta la presenza del Risorto nella sua comunità. Egli è lì con te e tu non puoi farci nulla. Una presenza che vince ogni resistenza e che non ha più vincoli storici e contro la quale ogni potenza umana è inefficace.

Teniamolo a mente questo messaggio di Luca, con il quale l’evangelista  ci indica le due modalità con cui rendere manifesto il Risorto nella nostra vita:  un nuovo modo di essere ancora in mezzo ai suoi: Parola e Pane, in cui egli si lascia storicamente raggiungere da ogni credente. Una Parola che rigenera a vita nuova: “Poiché siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, mediante la parola di Dio vivente e permanente (1 Pt 1,23)”. Un Pane che trasfonde l’eternità di Dio nei suoi discepoli: “Io sono il pane della vita. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6,48-51)”. Nessun evento mirabolante quindi nelle apparizioni, ma una lettura lineare degli eventi, basata  sulla ferma convinzione che quello che Gesù ha intrapreso non è un miracoloso gioco di prestigio, ma un insegnamento, un apripista dove noi dobbiamo incamminarci per realizzare il progetto che Dio ha stabilito sulla nostra vita. la nostra divinizzazione.

La traccia per interpretare tutto il capitolo 24 io l’ho indicata, è la rappresentazione per immagini improprie eppure bellissime, come un film da Oscar, che Luca mette per iscritto per tratteggiare le emozioni e i sentimenti della comunità dopo i giorni della croce.

Luca non è un testimone diretto, raccoglie le esperienze di altri, i racconti, che non sono altro che la tradizione orale che da circa 20 anni dominava la scena tra le prime comunità, e ci descrive il loro sentire, i loro dubbi, laceranti persino, al punto che il Risorto sente il bisogno di mangiare con loro e bere. In tal modo Luca traduce in atti umani un intervento altrimenti aldilà della comprensione umana come potrebbe essere quel senso di apertura che la comunità sente di avere nel momento in cui comprende l’insegnamento del Maestro, condivisione ed eucarestia. Questi episodi confermano la grande conoscenza delle Scritture da parte di Luca, che si presume essere un rabbino dottore della legge, oltre che medico, che serve all’evangelista a raccontare l’inconoscibile alla luce della ragione ma non della fede.

gioacchino la greca

 

 

 

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Pubblicato da Gioacchino La Greca

Sono nato il 27 novembre 1958, in un piccolo centro della provincia di Agrigento, la terra cara agli dei immortali che Pindaro descrisse come coloro che vivevano giorno per giorno come se dovessero morire l'indomani e costruivano come se dovessero vivere in eterno. Sono un medico, esercito in una cittadina centro agricolo un tempo prosperoso famoso per il prodotto DOP UVA ITALIA, per i vini, e per il barocco. Il mio blog è la raccolta estremamente varia di ciò che penso, facoltà che mi avvalgo di usare anche a mio discapito, messo per iscritto per non disperdere nel tempo il valore del pensiero che ognuno di noi coltiva dentro e che non può andare ad annullarsi nell'eterno mistero dell'essere. Ma che abbiamo l'obbligo di passare alle generazioni future come patrimonio spirituale.

4 Risposte a “Apparizioni senza miracoli nel vangelo di Luca”

  1. Caro Gioacchino ho sempre apprezzato i tuoi scritti teologici e te l’ho sempre detto. Questo è uno scritto straordinario, dove fai un’analisi precisa di quella che è la parte più difficile di tutto il vangelo: parlare di ciò che avvenne dalla resurrezione in poi, parlare delle famose “apparizioni”. Devo dirti che io ho digerito con difficoltà il problema “resurrezione”, nel senso che è forte la tentazione di dire che non è un fatto “vero”. Mi accorgo però che sono condizionata dalla educazione religiosa sbagliata avuta per gran parte della mia vita e dalle tante, troppe, immagini di un corpo che risorge in carne ed ossa e non ancora ho preso familiarità completa con il fatto che gran parte del racconto dei vangeli è teologia. Bisogna scendere in un piano più profondo per comprendere quello che cercarono di narrare gli evangelisti, i quali, poverini, pure loro si trovarono a dire cose che nella realtà concreata, a cui siamo abituati, non esistono, ma che avvengono nella dimensione spirituale, il piano profondo. Dovettero fare uno sforzo non indifferente, poichè allora non si sapeva, come sappiamo noi oggi, che la dimensione dello spirito esiste, che l’invisibile è molto più ampio di ciò che cade sotto i nostri sensi, che esiste la materia e l’energia oscura, che non si vede, ma di cui si avverte la presenza, si vedono i risultati di certe loro azioni. Per noi oggi è più facile rifarci a questo pensando alle “apparizioni” e alla dimensione dello spirito. Lo spirito lo avvertiamo tutti, ma non lo vediamo, tanto che ci sono persone che dicono che non esiste.

    Tornando agli evangelisti, quei poveretti è proprio vero che dovettero fare uno sforzo non indifferente, in tutto il vangelo naturalmente, ma soprattutto nell’episodio post-resurrezione. Alberto Maggi ci ha aiutato in questo, a saper cogliere ciò che non si vede. Tu hai fatto una straordinaria operazione parlando di questo secondo piano profondo e sapendo passare dall’uno all’altro in modo molto sciolto e preciso, proprio come un film. Io penso che così bisogna spiegare tutto l’episodio. Questa tua analisi è un aiuto per tutti noi, almeno così dovrebbe essere, e lo è sicuramente per me per avanzare nella ricerca, perchè il nostro rapporto con la vita è una continua ricerca, deve essere così, e il vangelo ci aiuta in questo avanzare. Infatti il vangelo è vita, riesce a seguire la vita nella sua profondità. Il vangelo non è la spiegazione di ciò che avvenne duemila anni fa, ma è il significato profondo del senso della vita per tutti gli uomini, il quale diventa sempre più pregnante gradatamente che si avanza. Ecco perchè la ricerca serve e perchè il vangelo, questo estratto di vita, cambia di tempo in tempo, è la verità che “si fa” lungo il tempo, come disse Gesù, mentre chi pensa che sia depositata nella dottrina sbaglia di molto.
    Allora andiamo a vedere questa verità. Tu parli delle “apparizioni” e ti chiedi in che modo intenderle. Non un’apparizione magica di Gesù in carne ed ossa, come le menti elementari pensano ancora, ma in modo diverso, entrando, come tu dici, nel mistero della narrazione evangelica. Sì, perchè questo è il vangelo. Esso narra eventi che non cadono sotto i nostri sensi, ma di cui si avverte l’esistenza. Esattamente come avviene agli scienziati che non vedono i “quanti”, ma ne avvertono le conseguenze dei loro scontri o quando fanno funzionare i navigatori. Ecco come devono essere pensate le “apparizioni”. Le parole sono quelle della razionalità umana, il riferimento è ad una realtà che non si vede. Per me è più facile, ora in questo nostro tempo, configurarmi questa situazione, perchè mi avvalgo della mentalità scientifica che è diventata nostro patrimonio. Pensa invece agli evangelisti, che parlavano in un tempo in cui non c’era questo riferimento.
    Andiamo a queste donne che vanno al sepolcro, un fatto reale, che subito entra nell’invisibile con quella annotazione, “il primo giorno della settimana”, che ci dice che entriamo in un evento nuovo, entriamo nella significazione profonda della resurrezione, infatti a questa appartiene il mancato rinvenimento del corpo di Gesù, che significa che la vecchia umanità, quella che era esistita fino ad allora, non esiste più. Siamo nella nuova creazione, quella che inizia con Gesù e con la sua assunzione in cielo, che non vediamo, non possiamo vedere, ma che ha il significato del destino finale degli uomini. Dio lo aveva previsto fin dall’inizio e fin dall’inizio essa esiste nel piano divino, ma, come dice don Carlo Molari, solo ora a noi uomini è dato di averne consapevolezza. Quella verità emerge dal piano divino e va alla coscienza dell’uomo. Dell’uomo però che sa leggere la Scrittura, non di quello che interpreta male il racconto per paura di chissà cosa. Noi siamo destinati alla spiritualità divinizzata, a giungere allo stesso piano di Gesù. Ancora oggi c’è chi vede Gesù un qualcosa di diverso dall’uomo, sembra a taluni che sia troppo grossa questa idea, di Gesù come noi.
    Ecco allora le donne, le prime testimoni, cioè coloro che per prima capiscono e prendono consapevolezza. E tu fai un bellissimo e significativo parallelo con Eva. Le donne al sepolcro sono come Eva, non nata dal fango come Adamo, che è l’uomo tutto intero, l’essere vivente, ma Eva estratta da questo uomo, quando egli giunse, dopo il sonno iniziale, ad un livello di consapevolezza superiore. Ecco la donna, che nella simbologia dell’Eden significa proprio questa possibilità umana, la consapevolezza acquista dall’essere vivente. La donna che fa un atto che la natura le ha dato, che produce, fa nascere la consapevolezza. Questo tuo paragone ha fatto emergere una mia antica intuizione di vedere Eva come espressione della maturità dell’essere vivente. E di questo ti ringrazio nel considerare come da soli non si va da nessuna parte.
    Queste donne sono presentate come esseri reali, sono prese dalla realtà infatti, ma hanno un significato profondo. I due piani qui si sovrappongono, non per confondere le idee, ma per aiutarci nella significazione in cui ci siamo messi. Le donne trovano due uomini vestiti di bianco, non due esseri reali, ma due esseri che spiegano le parole che Gesù disse in Galilea, che “il Figlio dell’uomo doveva soccombere e essere crocifisso, per poi risorgere il terzo giorno”, parole che allora sembrarono incomprensibili e forse lo erano anche per Gesù quando le pronunciava. Anche questa acqusizione è importante, e Molari ce lo dice, quando parla di Gesù che pian piano comprende ciò che intuiva. Gesù un uomo invaso dallo spirito divino, non dotato di sapienza divina, quasi irreale un dio a metà, no. Gesù ha delle intuizioni lungo la sua predicazione, come fanno gli scienziati quando si trovano dinanzi ad un enigma che poi pian piano si chiarisce. Ecco questo momento ora è chiaro anche a me che ho letto sempre con chiusura questo incontro e che dalla posizione in cui mi sono messa, in virtù della tua sollecitazione, ora mi è chiaro.
    Tu prosegui e presenti Luca come un regista, bella immagine che rende bene il doppio piano su cui dobbiamo stare per comprendere il significato dell’intero episodio. Tu dici “fa scorrere in immagini quello che in realtà è il pensiero che attraversa la mente e il cuore delle donne”. Ecco come Luca cerca di farci capire di cosa dobbiamo avere consapevolezza.
    Andiamo ad Emmaus, qui ci sono due esseri reali, presi dalla storia, “due sfiduciati discepoli”, che stanno tornando a Gerusalemme, la città della morte del Messia, dove non avrebbero trovato risposta alla loro riflessione. Siamo in presenza di due uomini che riflettono. Cosa avviene all’uomo che riflette? Avviene l’illuminazione, ad un certo punto vede chiaro, ma questa chiarezza si fa strada pian piano nella mente. Un’idea che si presenta con le sembianze di uno sconosciuto, tu lo dici, è il travaglio interiore che viene raffigurato dall’evangelista cinematograficamente. Siamo in una situazione metastorica, al di là della storia, sopra la storia. Gesù, il Cristo, non può apparire in questo piano con le stesse sembianze che aveva nella realtà materiale. L’idea della morte che trasfigura e cambia non è di facile acquisizione, ci vuole tempo e loro sono nella condizione di chi non ha ancora compreso il senso di quella morte, di chi non conosce il vero significato delle scritture, loro non scendono in profondità. Loro pensano Gesù morto perciò non lo riconoscono. E qui da questo piano superiore, lo stesso Gesù, divenuto il Cristo, spiega loro le scritture. Tu richiami “l’avvenimento della Trasfigurazione”, quando Elia e Mosè, rappresentanti dell’A.T., scompaiono lasciando il posto a Gesù, colui che conosce le cose meglio dei due personaggi, ma non basta, dici giustamente, non basta la corretta esegesi e giusta conoscenza delle scritture per riconoscere Gesù risorto, per comprendere cioè la realtà dell’uomo che accoglie in sè il Divino. Ci vuole l’azione la prassi, elemento importante. Ci vuole lo “spezzare il pane”, “il gesto del dono, della condivisione”, ci vuole l’apertura agli altri, andando al di là di odi e chiusure, ci vuole l’azione dell’uomo migliore, dell’uomo che ama e si apre alla verità profonda, per vedere qual è la nostra condizione ultima. Dici bene quando sottolinei che Luca non fa compiere giochi di prestigio al Risorto, non c’è nessuna magia, c’è solo un’idea che si fa strada, c’è l’illuminazione degli apostoli che si rendono conto di cosa succede in una comunità, bastano poche persone che si riuniscono nel suo nome, che si fanno pane “come fece lui e come invita a fare a tutti noi”. Tu hai capito che Luca ci mostra ciò che in realtà accade nel cuore dei credenti quando hanno consapevolezza, nulla di magico a cui purtroppo molti ancora amano ricorrere. Tu lo sottolinei “sono vicende interiori narrate con un linguaggio che è costruzione umana”.
    E poi c’è l’ultimo episodio dei discepoli riuniti, che parlano di Gesù, che all’improvviso appare in mezzo a loro, ancora nessuna magia solo una sensazione, un’idea avvertita chiaramente, come quando noi abbiamo una chiara sensazione di qualcosa che non vediamo, un sentore, avviene questo. Ecco cosa capita ai discepoli. Loro vedono con gli occhi del cuore, hanno la certezza che quello che vedono è vero, nei “segni della croce, le mani e il costato feriti”, quando si rendono conto che si può amare fino a dare la vita. E l’uomo lo fa, lo ha fatto tante volte nella sua storia, la madre che dà la vita per il figlio, l’amico per l’amico, il soldato per la patria e tanti, tanti altri esempi, fatti per amore, senza alcun interesse personale. Si rendono conto che l’amore non si vede, si sente solo, ma i suoi effetti sì, quelli sono reali e immediati. Tutti noi facciamo simili esperienze, quando avvertiamo una presenza, un’idea forte, una convinzione, che fa agire in un certo modo che non immaginavamo e non si può fare diversamente. Quando si ama per esempio, amore non come possesso, non come soddisfazione personale, ma amore che abbraccia tutti e tutto. Quando si avverte un qualcosa che “vince ogni resistenza e che non ha più vincoli storici e contro la quale ogni potenza umana è inefficace”, dici in modo molto preciso.
    Luca dice delle cose di cui tanti uomini fanno esperienza, magari non sanno spiegarlo, ma tante volte noi avvertiamo la “presenza del risorto tra noi”, quando per esempio ascoltiamo la sua Parola che ci esalta e solleva, “ci cambia la vita” diciamo, quanti lo dicono. Ma la Parola deve essere quella giusta avvolta di spirito di verità. E poi quando ci facciamo pane per gli altri. Quanti lo hanno avvertito senza saperlo, perchè non è detto che Gesù sia esclusività di qualcuno, neanche di coloro che lo conoscono direttamente. Gesù raggiunge tutti, ogni uomo che pronuncia o ascolta parole che rigenerano a vita nuova, parole di vita eterna. O quando si fa pane per gli altri sotto qualsiasi latitudine si trovi. Bisogna leggere le scritture in modo universale e non miracolistico, ed avere ferma la convinzione che quello che Gesù ci ha dato è un insegnamento, un’indicazione universale, uguale per tutti e non solo per chi è chiuso in una lobby, avere l’indicazione del progetto che Dio ha stabilito sulla nostra vita, la dimensione dello spirito che noi acquistiamo in questa vita accedendo a quella “vita di qualità” di cui parla Alberto Maggi. E che la morte potenzia, come ancora dice Maggi, perchè si è liberi dai condizionamenti del bios. Noi con quella scheggia di umanità che avrà il nostro timbro, poichè, anche questa è un’acquisizione importante delle Sacre scritture, sulla spiaggia dell’ultima stazione troveremo la pietra bianca con il nostro nome.

    1. Rispondo al vostro post.
      Sarò franco, anzi franchissimo.
      Partiamo con la visita, da parte delle donne, al sepolcro di Gesù. E’ l’ inizio della settimana e già a questo semplice dato di tempo, tutti voi, compreso padre Alberto, conferite un vostro significato completamente inconsistente con tutto quello che viene detto poi. il vecchio testamento non vale più, deve essere sostituito col nuovo. E’ una vostra interpretazione, chi ci dice che nella testa dell’evangelista c’era proprio questo intento? Addirittura in questa prima vostra interpretazione c’è la scoperta del progetto di Dio per l’ uomo. Si parte da un’ affermazione autoreferenziale che si espande e comprende quello che è stato, addirittura, il progetto di Dio. Un progetto ben nascosto tra le (vostre) immagini simboliche di Luca. La vostra giustificazione è che il vangelo non sarebbe un testo storico ma un testo teologico. E chi lo dice? Siamo noi, oggi, nel duemila, che usiamo fare queste distinzioni di carattere, ma una volta, si scriveva e basta, e ognuno scriveva quanto voleva far conoscere. Invece noi oggi, affermando che il vangelo è un testo teologico e che va interpretato, riusciamo a spremerne fuori ogni tipo di contenuto, ché tanto mai nessuno potrà escludere…ma neanche confermare. Son d’accordo che bisogna ritornare al periodo storico dei fatti, per capire certe circostanze, ma non son d’accordo di dare noi, a quegli scritti un significato, che non è mai confermato dagli scritti stessi. Secondo me Luca sta descrivendo quanto gli è stato riferito, con l’aggiunta di tanti particolari in più di sua iniziativa, forse inventati di sana pianta, e il tutto con l’ intento di convincere gli increduli che quell’ uomo era un Dio, e basta. Queste vostre interpretazioni capziose, tanto suggestive ma infondate, campano semplicemente sulla vostra testa, e infatti nessuno, in duemila anni si è mai sognato di tirarle fuori.
      L’ interpretazione che date della ricomparsa di Gesù in mezzo ai discepoli, è talmente artificiosa e campata in aria che si fa veramente fatica credere che …voi ci crediate.
      A scuola il professore di greco avrebbe detto che la vostra interpretazione è troppo libera, che bisogna sempre attenersi al testo, e non scantonare troppo. Qui si inventa una nuova storia, si svelano i pensieri di un Luca, che forse non sarà neanche esistito, e si danno nostre personalissime interpretazioni. Belle ma campate in aria.

      1. DUECENTO ANNI DI STUDI ESEGETICI, delle scoperte di testi primitivi in lingua greca, che hanno permesso delle traduzioni più fedeli e una migliore comprensione dei testi, il superamento della concezione letterale nella interpretazione delle Scritture, che se fossero stati presenti all’intelligenza del clero nei secoli scorsi non avrebbero fatto condannare Galilei e tanti altri che finirono sul rogo, e lei ancora mi mette in dubbio il significato del numero 8, o che le apparizioni del risorto siano da intendere ancora in senso fisico. Mi fermo, perché il fatto stesso che lei lancia una accusa del tutto infondata su di me dicendo che sono libere supposizioni che nessun teologo avallerebbe, mi fa intendere la pochezza della sua fede che aspetta per essere corroborata ancora con segni straordinari dal cielo come quella generazione coeva di Gesù, bollata dal maestro come incredula e di poca fede.

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